La “conversione” di Dio

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La conversione non è qualcosa che riguardi Dio (dato che Egli non può nemmeno concepire il male), ma il Suo ritirare le minacce è una scuola anche per noi.

Omelia per martedì 10 ottobre 2023

Letture: Gio 3,1-10; Sal 129 (130); Lc 10,38-42

Dopo i tre giorni di “meditazione” nel ventre del pesce, la seconda chiamata di Dio al suo profeta recalcitrante sembra finalmente avere effetto:

fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore.

In realtà non è una vera e propria conversione quella di Giona: lo scopriremo presto, continuando la lettura del racconto col brano proposto dal Lezionario domani (cfr Gio 4,1-2).

Una conversione esemplare

La conversione vera e genuina, invece, è quella di Ninive, ed è pronta e totale:

I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Nìnive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere.

…fu poi proclamato a Nìnive questo decreto: «…Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani».

È una conversione esemplare, non solo per la serietà, ma soprattutto per il contrasto con l’ostinazione del popolo eletto, che non solo i profeti rimproverano (cfr Ez 3,4-7), ma anche Gesù (cfr Mt 12,41).

Dio cambia e si ravvede

Ciò che più attira l’attenzione in questa paginetta, però, è il modo in cui si parla di Dio, prima da parte del re di Ninive, e poi del narratore:

«Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!»


Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Dio si può pentire? Può cambiare idea e convertirsi?

Anche Dio si pente?

Nell’Antico testamento l’espressione «il Signore si pentì» torna diverse volte (cfr Es 32,14; 2Sam 24,16; Ger 26,13.19): è un modo molto umano di rappresentare Dio, presupponendo che anche Lui possa ritornare sui Suoi passi, ravvedersi, pentirsi del male promesso e progettato…

Noi che leggiamo a tanti anni di distanza (e soprattutto dopo la predicazione di Gesù che ci ha rivelato il vero volto del Padre), sappiamo perfettamente che Dio non deve convertirsi dal male (essendo Sommo Bene non lo potrebbe nemmeno concepire!); le Sue “minacce” servono solo a suscitare il cambiamento e la conversione dei peccatori:

«Egli non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cfr Ez 33,11).

Se anche Dio si ravvede…

Questo modo di raccontare Dio, però, ci interroga e ci invita a ritornare sui nostri comportamenti, in particolare in ambito educativo famigliare: quante volte noi “minacciamo” di punire qualcuno con l’intento di educarlo e fargli capire il suo errore, ma poi non siamo disposti a ritornare sui nostri passi nel momento in cui il destinatario delle nostre minacce si ravvede?

Quante volte non siamo capaci di tenere a bada la nostra ira (anche solo verbale)?

E soprattutto: quanto siamo capaci di apprezzare i passi di conversione e cambiamento delle persone (piccoli o grandi che siano)?