L’unione fa la forza

L'unione fa la forza

L’unione è virtù divina; la divisione è opera del demonio. Se vogliamo «stare in piedi», l’unione, la solidarietà e la coesione devono essere il nostro stile.

Omelia per lunedì 22 gennaio 2024

Letture: 2Sam 5,1-7.10; Sal 88 (89); Mc 3,22-30

Oggi iniziamo a leggere il Secondo libro di Samuele. Nel brano proposto dalla Liturgia odierna si narra la consacrazione di Davide come re su tutte le tribù di Israele a Ebron e la presa di Gerusalemme.

Come Adamo ed Eva

Le parole che la gente dice a Davide per mostrare il suo desiderio di averlo come re sono molto forti:

«Ecco noi siamo tue ossa e tua carne».

Ricordano molto l’esclamazione di Adamo, quando Dio – risvegliatolo dal torpore che aveva fatto scendere su di lui – gli presentò Eva:

«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta»
(cfr Gen 2,21-23).

Un atto di unione

Il popolo non sta solo provando a convincere qualcuno a regnare dopo Saul, ma in questa dichiarazione potente sta dicendo a Davide che vede in lui un centro di unità, di unione, di coesione; riconosce in lui le stesse capacità che vi aveva trovato il Signore, quando lo aveva scelto come “pastore” del suo popolo:

«Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».

Peccatore ma solidale

Come leggeremo più avanti, Davide non è certo uno stinco di santo, anzi: sarà spesso un personaggio controverso, e inciamperà più volte, macchiandosi anche di gravi colpe.

Nonostante ciò, mostrerà sempre questo tratto del carattere di sentirsi una cosa sola col suo popolo, in un sentimento di reciproca appartenenza e solidarietà.

È questo che renderà solido il suo regno per decenni.

Di contro, nei suoi successori, sarà lo smarrimento di questo desiderio di unione a far presto degenerare e cadere la monarchia di Israele.

Unione necessaria per governare

Questa forte unione, questa capacità di creare coesione attorno a sé, non con la forza e la prepotenza, ma con la solidarietà, è una caratteristica fondamentale per essere un buon capo e una guida sicura per il proprio popolo.

Ed è qualcosa che manca ormai da troppo tempo ai nostri governanti, che – non appena si siedono sullo scranno – iniziano a pensare e a dire «io sono io, e voi non siete niente».

È per questo che la società va in frantumi, proprio come dice Gesù rispondendo agli scribi nel vangelo di oggi:

«Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi».

Cercare ciò che unisce

L’unione è virtù divina; la divisione è opera del demonio (non a caso “diavolo” significa proprio “divisore”).

Se vogliamo «stare in piedi» e non cadere in rovina, l’armonia, l’unione, la solidarietà e la coesione devono essere il nostro stile.

Se questo non è facile a livello nazionale (a causa di una politica sempre più frastagliata negli interessi personali), cerchiamo di farlo dove è possibile, a partire dal nostro piccolo Comune, e soprattutto dal nostro vivere come Comunità cristiana.

D’altronde, siamo di Sotto il Monte, il paese di Papa Giovanni, che insegnava a cercare ciò che unisce, più che ciò che divide.