Autorità modello. Cattedra di san Pietro

Autorità modello

Il vero modello di autorità nella Chiesa è quello di chi – pur avendo il diritto di starci – scende dalla cattedra per servire, stando in mezzo alle pecore.

Omelia per giovedì 22 febbraio 2024

Letture: 1Pt 5,1-4; Sal 22 (23); Mt 16,13-19

Prima della riforma del calendario liturgico, il Martirologio Romano celebrava questa ricorrenza il 22 febbraio ad Antiochia e il 18 gennaio a Roma, per ricordare due importanti tappe della missione compiuta dal principe degli apostoli.

Simbolo di autorità

Letteralmente, la cattedra è il seggio fisso posto nella chiesa madre della Diocesi (di qui il suo nome di “cattedrale”) ed è il simbolo dell’autorità del vescovo e del suo magistero ordinario nella Chiesa locale.

La festa odierna, perciò, indica la posizione preminente di Pietro nel collegio apostolico, derivante dall’esplicita volontà di Gesù:

«tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa… A te darò le chiavi del regno dei cieli…»

Un’autorità riconosciuta

Nel racconto degli Atti troviamo conferma che questa investitura, ribadita da Gesù dopo la Sua risurrezione,1 fu rispettata: dopo l’Ascensione, infatti, è Pietro a svolgere il ruolo di guida, a presiedere all’elezione di Mattia, a parlare a nome di tutti alla folla accorsa davanti al Cenacolo il giorno di Pentecoste e più tardi davanti al Sinedrio.

Modelli del gregge

A fronte di una cosa così “altisonante”, solenne e “gerarchica”, è stupendo che la Liturgia, invece, ci proponga come prima lettura proprio le parole dell’apostolo Pietro giunto ormai al tramonto del suo ministero:

pascete il gregge di Dio che vi è affidato… volentieri, come piace a Dio… con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge.

Colui che – in quanto anziano (cioè: presbitero) – aveva il diritto di stare assiso in cattedra, se ne scendeva, e invitava tutti gli altri presbiteri a scendere, con lui, per farsi vicini al gregge con sentimenti di dolcezza.

Viene in mente l’immagine usata spesso da Papa Francesco, dei pastori che hanno l’odore delle pecore.

Il Pastore supremo

Pietro fa questa raccomandazione perché è ben conscio, soprattutto al termine del suo mandato, che le pecore non gli appartengono, ma sono e resteranno sempre del Pastore supremo, di Cristo, che gliele aveva affidate con fiducia dopo la Sua risurrezione.

Uno solo è il Pastore e la guida, uno solo è il Maestro, e noi siamo tutti fratelli (cfr Mt 23,8-10).

Anche i pastori – come diceva sant’Agostino – sono prima di tutto pecore.2

Scendere dal piedistallo

Credo che gli ultimi pontefici abbiano seguito davvero queste raccomandazioni (a partire dal gesto di infinita umiltà di Benedetto XVI, che rinunziò alla cattedra di Pietro) e siano stati di vero esempio nel vivere l’autorità come un servizio e non come un onore o per altri fini.

È un esempio che dobbiamo seguire tutti nella Chiesa, anche i semplici pastori d’anime e anche i laici, là dove sono chiamati a esercitare una qualsiasi forma di autorità.

In tutto ciò, spiace vedere orde di “fondamentalisti cattolici” che rigettano Papa Francesco come Pontefice, proprio per il suo modo di esercitare l’autorità stando tra le pecore e vivendo in pienezza lo spirito del Vangelo.

  1. Cfr Gv 21,15-19. ↩︎
  2. «Noi siamo per voi come dei pastori, ma sotto quel Pastore con voi siamo le pecore. Da questo luogo per voi siamo come dei maestri, ma sotto quel Maestro, in questa scuola, siamo con voi condiscepoli» (Sant’Agostino, Esposizione sul Salmo 126,3). ↩︎