La carità non sia ipocrita

Una carità sincera e concreta

Maria ha preso come “foglio d’istruzioni” l’invito di san Paolo ai Romani a non avere una carità ipocrita ma concreta e sincera. Così dobbiamo fare noi.

Omelia per venerdì 31 maggio 2024

Letture: Sof 3,14-18 (oppure Rm 12,9-16b);  Is 12,2-6; Lc 1,39-56

Questa ricorrenza della Visitazione di Maria Santissima alla cugina Elisabetta, ci propone dei testi biblici che leggiamo e meditiamo già ogni anno il 21 dicembre, durante gli ultimi giorni in attesa del Santo Natale (la Prima Lettura e la prima parte del vangelo sono gli stessi).

Perciò, vi rimando anzitutto alle due riflessioni che ho scritto nei mesi scorsi in quell’occasione:

“Istruzioni per l’uso”

Oggi mi fermo sul brano che il Lezionario ci propone come possibile Prima Lettura in alternativa al testo di Sofonia, ovvero il testo della Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Mi piace leggere questa paginetta come le “istruzioni per l’uso” che Maria ha rispettato alla lettera nel prendere e andare dalla cugina Elisabetta.

Una carità sincera

Anzitutto, Maria ha letto:

la carità non sia ipocrita… amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.

E così ha fatto: a fronte della notizia ricevuta dall’angelo (riguardo alla gravidanza della cugina), non si è limitata a “ricordarla nella preghiera”, a farle avere un messaggio di auguri, ma ha reso vera e concreta la sua carità, andando di persona a trovarla.

Non si è messa a ragionare: «essendo la futura madre del Messia, sono più importante io di lei, quindi deve essere lei a venire da me», ma ha davvero «gareggiato nell’affetto e nella stima», partendo lei per prima.

Una carità fervente e solerte

Poi ha letto:

Non siate pigri nel fare il bene; siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore.

E così ha fatto: non ha “poltrito” pigramente… il tempo di preparare il “fagottino” per il viaggio, e si è messa in cammino, sapendo che il servizio da rendere alla sua parente era un servizio reso al Signore (cfr Mt 25,40).

Una carità in viaggio

Credo che Maria, durante il lungo viaggio, abbia attraversato momenti contrastanti, di speranza e di preoccupazione, e li abbia affrontati rimanendo in costante contatto col Signore, come raccomanda l’apostolo:

Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.

Una carità condivisa

Poi, di fronte all’invito

Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità

Maria ha manifestato tutta la sua premura verso i bisogni della cugina, e – pur essendo ospite in casa di Zaccaria ed Elisabetta – è stata lei ad ospitare nel suo cuore la storia e i bisogni di quella famiglia.

Una carità solidale

Così, davanti all’esortazione

Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri

Maria è andata a condividere tutti i suoi sentimenti con Elisabetta, sentendo la necessità di essere solidale nelle gioie e nelle perplessità con chi stava vivendo la sua stessa esperienza.

Una carità umile

Il testo si chiude con un invito all’umiltà:

non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.

Questa è la “carta d’identità” della Madonna, che viene ripresa pure nel canto del Magnificat:

«il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva».

Uscire da sé

La carità di Maria non è stata ipocrita, ma reale, concreta, solerte, umile e solidale.

Maria ha accolto nel suo cuore non solo la Parola di Dio che si sarebbe fatta carne in Gesù, ma la Parola d’Amore di Dio che chiama all’amore concreto e accogliente per il prossimo.

Non solo Maria non è rimasta chiusa in casa sua, ma non è nemmeno rimasta chiusa in se stessa, anzi: è uscita da sé per fare spazio nel suo cuore alle necessità dei fratelli, sapendo vedere in loro il volto di Dio e l’opera di Dio.

Così siamo chiamati a fare noi se volgiamo che la nostra carità non sia ipocrita, ma reale.