Celebrare con gioia

Celebrare con gioia

Perché le nostre celebrazioni siano sincere e gioiose, devono continuare nella vita di tutti i giorni, portando fuori la comunione celebrata nella Liturgia.

Omelia per martedì 23 gennaio 2024

Letture: 2Sam 6,12-15.17-19; Sal 23 (24); Mc 3,31-35

Quella descritta nella prima lettura di oggi potrebbe essere la “preistoria” di una sorta di processione del Corpus Domini seguita dalla celebrazione eucaristica.

Re e sacerdote

Davide è re, ma – in occasione del trasporto dell’arca del Signore a Gerusalemme – svolge anche la funzione di sacerdote, indossando abiti sacerdotali e offrendo sacrifici e olocausti.

Non esiste ancora un tempio, ma Davide ha fatto piantare una tenda, come quella che Mosè aveva fatto costruire seguendo le istruzioni di Dio durante il cammino dell’Esodo (cfr Es 26).

Che foga!

Quello che colpisce di più di questo testo è la foga di Davide che trascina tutto il popolo in un tripudio incontenibile:

Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore… Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.

Egli canta e danza con un trasporto così “esagerato” da rimanere quasi mezzo nudo e guadagnarsi il disprezzo e il rimprovero di Mical, una delle sue mogli:

Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo… e gli disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!» (cfr 2Sam 6,16.20)

Che ne è oggi?

Al di là della cultura e del contesto diverso, a fronte di una pagina come questa, mi chiedo cosa è rimasto nelle nostre celebrazioni di questa gioia e convinzione.

Non parlo delle processioni, che – per ovvie ragioni – è ormai anacronistico riproporre: in un mondo del tutto scristianizzato non sarebbero altro che folklore e ridicola ostentazione di vecchi cimeli storici…

Celebrazioni funebri

Mi riferisco alla noia delle nostre celebrazioni eucaristiche, dove appare del tutto evidente che non vi è più il minimo rimasuglio della gioia e del trasporto che quei riti dovrebbero esprimere.

Più che la presenza del Cristo Risorto, sembra di vivere un continuo funerale.

Che fare?

Sono io il primo a mettermi in questione, dato che questo brano sottolinea come sia la gioia di Davide a trascinare il popolo a seguirlo negli stessi sentimenti, e quindi ho il dovere ogni volta di celebrare sempre meglio.

Non si tratta si “svecchiare” la Liturgia, di introdurre bizzarre novità o gesti senza nessun legame col mistero che si celebra, ma di recuperare la coscienza che lì c’è Dio, presente e vivo in mezzo a noi.

È di questa coscienza che abbiamo bisogno di riappropriarci, tutti quanti.

Prolungare la comunione

Ma perché le nostre celebrazioni siano vere, sincere e gioiose, non possono restare un puntino solitario in mezzo allo scorrere dei nostri “affari” quotidiani: l’Eucaristia è vera se continua nella vita di tutti i giorni, nella capacità di portare fuori dalla porta delle nostre chiese quella condivisione e quella comunione che abbiamo celebrato nella Liturgia:

Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua.