Eravamo quattro amici a… Betania

Quattro amici a Betania

Questa memoria liturgica ci fa festeggiare l’amicizia più sincera. L’affetto di Gesù per i tre fratelli di Betania sia un modello anche per le nostre amicizie.

Omelia per i Santi Marta, Maria e Lazzaro

Letture: 1Gv 4,7-16; Sal 33 (34); Gv 11,19-27 (oppure Lc 10,38-42)

È da poco che la Liturgia ci fa festeggiare assieme i tre fratelli di Betania, perché la Chiesa latina ha tentennato per secoli sull’identificazione di Maria, sovrapponendola alla Maddalena e alla donna peccatrice di cui parla l’evangelista Luca, che compie a sua volta il gesto dell’unzione dei piedi di Gesù (cfr Lc 7,36-50).

Tre persone diverse

Dopo il Concilio Vaticano II, Maria di Betania è stata distinta sia dalla Maddalena (che abbiamo festeggiato lo scorso 22 luglio) che dall’anonima peccatrice del Vangelo di Luca.

È solo a partire dall’edizione del Martirologio romano del 2001, però, che santa Maria di Betania viene commemorata insieme ai fratelli Marta e Lazzaro (in passato ricordato il 17 dicembre).

Io scelgo un altro vangelo

Sintomo di tutti questi passaggi storico-liturgici è anche la proposta, nel Lezionario, di due brani di vangelo, che – a mio modesto parere – sono entrambi inadatti (o quantomeno insufficienti) per celebrare i tre fratelli di Betania:

  • Il primo presenta Marta e Maria e addolorate per la morte del fratello Lazzaro e il dialogo di Gesù con Marta sulla risurrezione;
  • il secondo è il brano che conosciamo a memoria e che abbiamo bistrattato facendolo diventare pagina esemplare per la distinzione (o, peggio, contrapposizione) tra vita attiva e vita contemplativa.

Io, per questa ricorrenza, avrei scelto il racconto giovanneo dell’unzione di Betania, e in particolare i primi tre versetti:

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo (Gv 12,1-3).

La casa dell’amicizia

Ma è solo leggendo assieme tutti i passi del vangelo che ci parlano di questa casa che capiamo il clima di amicizia, di affetto e intimità che Gesù vi trovava.

L’evangelista Giovanni, all’inizio del lungo racconto della risurrezione di Lazzaro, annota:

Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro (Gv 11,5).

Il verbo greco utilizzato per indicare questo tipo di amore è agapào (quello che in latino è tradotto con caritas): significa amore disinteressato, immenso, smisurato, ed è utilizzato nella teologia cristiana per indicare l’amore di Dio nei confronti dell’umanità (è il termine che torna ben 18 volte nel brano della prima lettura, sia per il verbo “amare” che per il sostantivo “carissimi”).

Nella casa di Betania il Signore Gesù ha sperimentato lo spirito di famiglia e l’amicizia sincera e disinteressata di questi tre fratelli: lo si capisce dal clima di semplicità, quotidianità e confidenza che emergono dai tratti con cui vengono descritti i vari episodi.

Il rifugio del cuore

In particolare, lo si capisce dal contesto in cui Gesù va a “cercare rifugio” in questa casa:

  1. Nel racconto di Luca, il Maestro si è diretto ormai risolutamente verso Gerusalemme (cfr Lc 9,51) e sta per affrontare il momento cruciale della sua vita. Ha già ricevuto più volte la conferma che Gerusalemme, la grande città, «uccide i profeti e lapida coloro che Dio gli invia» (cfr Lc 13,34), e l’ha già preannunziato senza giri di parole anche ai suoi amici più stretti (cfr Lc 9,22 e 9,44).
  2. Così, nel racconto di Giovanni, ci troviamo ormai a «Sei giorni prima della Pasqua»: non una Pasqua qualunque, ma la sua Pasqua, di Passione e morte.

Sono i momenti della tristezza, dell’angoscia… Gesù ha bisogno di pace, di amicizia, di accoglienza, di un rifugio.

Qui servono i veri amici

In questi frangenti non ti puoi rivolgere a chiunque.

Sono i momenti della vita in cui si ha bisogno di un vero amico, di quelli che ne incontri al massimo due o tre in tutta la tua esistenza, di quelli che li puoi chiamare anche alle tre di notte e loro sono lì.

Rifugiati e rifugio

Quante volte anche noi facciamo questa esperienza! Quando ci sentiamo sommersi dalle frenesie, da tutte le cattiverie, ingiustizie, intolleranze, indifferenze insopportabili che feriscono il nostro cuore…

È allora che sentiamo forte il bisogno di rifugiarci negli affetti più cari, nelle amicizie più vere e sincere. Abbiamo bisogno di riposare fisicamente, mentalmente e “affettivamente”.

Altre volte abbiamo noi l’onore (e l’onere) di essere i “ricercati” da qualcuno che ha trovato in noi questo rifugio.

Amici e rifugio del Signore

Credo allora che possiamo e dobbiamo invocare l’intercessione di questi tre fratelli che sono stati capaci di diventare gli amici più speciali nientepopodimeno che di Gesù in persona, il Figlio di Dio fatto uomo!

Non si tratta solo di imparare l’ospitalità, ma di farci davvero “una casa di Betania” per tutti coloro che anche oggi ci danno l’immenso onore di ospitare il Maestro:

«ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36).