Il vero miracolo spetta a noi! 18ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
Tutti pensiamo che sia Dio a dover fare miracoli, ma il vero miracolo lo dobbiamo fare noi, mettendo in mano a Gesù tutto quello che siamo!
Letture: Is 55,1-3; Sal 144 (145); Rm 8,35.37-39; Mt 14,13-21
Il miracolo della moltiplicazione dei pani è rimasto così impresso nella memoria dei discepoli che lo troviamo raccontato in tutti e quattro i Vangeli (in Matteo addirittura due volte).
Non solamente per la grandiosità del segno (che coinvolse migliaia di persone), e nemmeno perché – nei gesti di Gesù – è richiamata in modo diretto l’Eucaristia…
Molto più probabilmente perché in quel frangente i discepoli ebbero da imparare una dura lezione, e ritennero fondamentale che nessun cristiano passasse oltre questo insegnamento.
Mettiamoci nei loro panni
Bisogna capirli, i discepoli… il momento era nero: avevano appena ricevuto la notizia della morte violenta e insensata di Giovanni il Battista.
Erano rimasti sgomenti, assieme a Gesù (questo il motivo del Suo ritirarsi «in un luogo deserto, in disparte»).
C’era bisogno di stare in intimità, di elaborare il lutto, di sostenersi a vicenda…
E invece arrivano le folle che non danno tregua: ciascuno ha un malato per cui chiedere la guarigione, un miracolo da implorare…
(Quante volte capita anche a noi che la gente – anche la più importuna – venga a cercarci proprio nei momenti più neri della nostra vita, quando non vorremmo vedere né incontrare nessuno?)
Insomma, non c’è modo di stare tranquilli con Gesù: c’è sempre calca.
A cosa serve far parte dei Dodici se poi non si può mai stare un po’ da soli con Lui?
Eccoli, allora – la sera – farsi finalmente avanti a reclamare “la loro parte”:
«Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare»
Sono così stanchi di sopportare la situazione che si sentono anche in diritto di dare ordini (non solo consigli) al Maestro.
Una dura lezione
E qui arriva la prima “legnata”.
I discepoli si erano presentati con un ragionamento logico, ovvio:
«ok, così può bastare; un po’ di pietà va bene, ma non è che possiamo correre dietro a tutti! Che si arrangino un po’ da soli! Se no è assistenzialismo!».
Eccolo qui l’«aiutiamoli a casa loro» che va tanto di moda anche oggi.
E invece Gesù si pone come un muro davanti a loro, sul quale vanno letteralmente a sbattere:
«Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare».
Il Maestro non si accontenta di rimbrottarli per il loro ragionamento scostante ed egoista, ma li obbliga a fare inversione di marcia e rimetterci addirittura di tasca propria.
A niente serve l’osservazione della pochezza di quanto hanno a disposizione («non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!»): è ora di dare, e di dare tutto.
Schermirsi dietro la scusa di avere poco non è una giustificazione: è un alibi.
Gesù l’aveva insegnato mostrando ad esempio la povera vedova, che gettò nel tesoro del tempio «tutto quanto aveva per vivere» (cfr Mc 12,41-44).
Scuse che sono solo alibi
Quante volte anche noi ci ripariamo dietro scuse che sembrano inattaccabili, ma solo per non impegnarci, per non fare nulla:
«ho già i miei problemi…
sono troppo vecchio ormai…
a fare del bene poi la gente se ne approfitta…
sono altri i veri problemi del mondo!
Queste cose sono troppo ad alto livello per poter incidere con un mio piccolo gesto…»
Il Signore ci sprona a non cercare scuse, e a non fermarci a guardare la piccola goccia che possiamo dare, ma a constatare che tante piccole gocce formano i fiumi, e il mare.
Anche il gesto più piccolo e apparentemente insignificante – se fatto col cuore – ha un valore immenso agli occhi di Dio, e porta sollievo a chi lo riceve.
Vi invito a guardare questo breve video per capire come anche un piccolo gesto di condivisione (unito a tanti altri) può cambiare – se non il mondo – la vita di una persona, da triste a felice: https://youtu.be/xmfmuj-rAnA
Il vero miracolo
Quello che noi siamo abituati a chiamare il miracolo della “moltiplicazione” dei pani, dovremmo invece chiamarlo «il miracolo della condivisione».
Non è una cosa eccezionale il moltiplicare di Dio: è un miracolo che avviene ogni giorno!
Egli non cessa mai di spandere con abbondanza i suoi doni sul mondo, verso tutti gli uomini. Per tutti fa sorgere il sole, fa piovere dal cielo l’acqua che irrora e dà nuova vita alla terra.
È l’atteggiamento dell’uomo che non risponde al modo di fare di Dio.
Il Padre Celeste semina ovunque con abbondanza e generosità, (cfr la parabola ascoltata qualche domenica fa); l’umanità invece segue le regole della “selezione darwiniana“: se la cava solo chi è più furbo, intelligente, ricco…
E così l’1% della popolazione mondiale possiede una ricchezza pari a quella del restante 99%!
Ogni giorno – a fronte di 800 milioni di persone che non hanno da mangiare – si butta nella spazzatura l’equivalente del cibo che potrebbe sfamarne un miliardo!
Il vero miracolo non avviene nella cesta dei 5 pani e 2 pesci, ma nel cuore dei discepoli, e avviene proprio mentre Gesù moltiplica a dismisura il loro “poco”, mentre replica all’infinito il gesto eucaristico dello «spezzare il pane», che dalla sera dell’Ultima Cena diventerà il centro della vita cristiana:
«spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla».
Tanti tipi di condivisione
Cerchiamo di attualizzare e rendere concreto questo insegnamento.
Non esiste solo la condivisione del cibo, delle ricchezze materiali, ma anche del tempo, dell’affetto, dell’aiuto reciproco…
Quante volte potremmo fare del volontariato, o anche solo dare una mano in modo saltuario in Parrocchia o nel condominio, ma troviamo sempre qualcosa di più urgente da sbrigare?
E – senza andare subito “all’esterno” – proviamo a pensare: quale logica adottiamo nelle nostre famiglie? Quella del dono gratuito e della condivisione generosa, o quella dei doveri e dei compiti?
Come possiamo dirci “cristiani” se le nostre Eucaristie terminano non appena usciamo di chiesa? Se non siamo capaci di “spezzare” e condividere più nulla di noi stessi, né in famiglia, né sul lavoro, né in alcun ambito della nostra esistenza?
Una cesta ciascuno
A differenza della seconda moltiplicazione, riportata solo da Matteo (dove le sporte di pezzi avanzati sono “solo” sette – numero comunque altamente simbolico), i quattro racconti paralleli di cui oggi leggiamo la versione matteana, riferiscono di 12 ceste piene di pezzi avanzati: è il numero degli apostoli.
Come a dire che tutti e 12 sono stati invitati a “portare a casa” qualcosa, e a contemplarlo per bene mentre lo trasportavano.
Anche oggi – e ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia – siamo tutti invitati a portare via la nostra “cesta”, e a trovare qualcuno con cui condividere l’abbondanza di cui Dio ci ha reso partecipi.
Proviamo a pensare a cosa potremmo fare – tornando in famiglia – se anche solo condividessimo una parola del vangelo che ci ha toccati, con chi (tra i nostri parenti) ha deciso di non partecipare più alla Santa Messa…
Tutti dobbiamo farlo, nessuno escluso, a partire dal sottoscritto che ha il privilegio di spezzare il Pane Santo, ma – assieme – il gravoso compito di sentire e pronunciare come proprie le parole del Maestro:
«Prendete, mangiate: questo è il mio corpo» (cfr Mt 26,26).
Il vero miracolo non è sfamare il mondo: è il dono di noi stessi, di tutto quello che siamo.