Non farsi ingannare. 33ª Domenica del Tempo Ordinario (C)

Non lasciamoci ingannare

Non facciamoci ingannare! Anche in un mondo così segnato da dolorosi sconvolgimenti c’è la possibilità di vivere da buoni cristiani e onesti cittadini.

Omelia per domenica 13 novembre 2022

Letture: Ml 3,19-20; Sal 97 (98); 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19

Sembra che la Parola di Dio capiti sempre “a fagiolo”, e arrivi a parlare proprio di quello che sta accadendo nei giorni in cui viene proclamata:

«Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze…»

Guerra tra Russia e Ucraina, il terremoto sulla costa delle Marche settentrionali, la tremenda siccità che ci attanaglia da quest’estate, la pandemia… manca solo l’invasione delle cavallette!

La Parola non arriva “a caso”

Ma la Parola di Dio non “capita” così, “a caso”: ci è donata come Parola eterna e sempre vera, capace di parlare a ogni epoca storica e di illuminarla della Verità di Dio.

Se non ci opponiamo, Essa è capace di penetrare nel profondo del nostro spirito per aiutarci a comprendere non solo quello che capita fuori e attorno a noi, ma soprattutto a «discernere i sentimenti e i pensieri del cuore» (cfr Eb 4,12).

Se ci lasciamo illuminare, la Parola di Dio ha sempre questa funzione:

Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Sal 119,105).

Quanti profeti di sventura!

Ma è proprio perché pochi cristiani la leggono e la meditano con attenzione che poi si propagano – ad ogni tornata storica – le più catastrofiche profezie in stile Nostradamus.

Il mondo è continuamente percorso da quelli che il nostro caro Papa Giovanni – nel discorso inaugurale del Vaticano II – soprannominava «profeti di sventura».

Tutt’intorno (soprattutto nei media e nei social) è pieno di sedicenti cristiani che credono di saper interpretare i fatti individuando sempre e solo segnali d’allarme che proverebbero l’ira di Dio e l’imminente fine del mondo.

Tutti questi si limitano a scegliere i versetti della Scrittura più spaventosi e tagliuzzano via gli altri, per far dire alla Parola quello che vogliono loro, per trasformarla da Vangelo (“buona notizia”) in maledizione.

Quel “ma” che cambia tutto

Anche Gesù – nel vangelo di oggi – preannuncia cose spaventose, ma proprio per negarne il valore tragico e definitivo, e invitare alla speranza. Ogni volta – infatti – aggiunge un «ma» che obbliga a leggere le cose in modo diverso:

«…devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine.

…sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto».

La chiave di lettura di tutto ciò che accade è l’invito a non lasciarci ingannare, perché la tentazione di andare dietro a nuovi “Messia” è sempre dietro l’angolo:

«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!»

Non facciamoci ingannare

La Chiesa, però, non è popolata solo di disfattisti e moderni “Savonarola”: ci sono anche coloro che cercano di tenere in piedi i “monumenti del passato” e mirano a conservare le proprie sicurezze… proprio come quelli che «parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi» all’inizio del vangelo di oggi.

Quelli del «meglio pochi ma buoni», i “prescelti”, che si crogiolano nei tradizionalismi, nel conservare (o recuperare) a tutti i costi il latino, i pizzi, i merletti, le celebrazioni sfarzose…

Quelli che si rifugiano nel “glorioso passato” della Chiesa vista come societas perfecta da difendere a tutti i costi dagli attacchi del mondo cattivo, dai “nemici della Chiesa”.

Anche da questa tentazione dobbiamo guardarci bene e non farci ingannare, perché è un modo di vivere che rifiuta di immergersi nel mondo (come invece ha fatto Dio nella Sua Incarnazione) e si chiude in un “orticello” protetto, al riparo da ogni fastidio.

Cristiani insipidi

Così ci si rifugia nelle sacrestie e, invece di avere l’odore delle pecore, si è impregnati del fumo delle candele e dell’aroma acre dell’incenso.

Se ci barrichiamo dietro le trincee dei riti sterili e delle vuote celebrazioni saremo del tutto inutili, come il sale che ha perso il suo sapore (cfr Mt 5,13).

Se non siamo una «Chiesa in uscita», non testimoniamo più nulla a nessuno e ci ammaleremo di chiusura, morendo asfissiati.

Il luogo della testimonianza

Gesù ci invita non solo a non temere le persecuzioni, ma a non scansarle richiudendoci in noi stessi, e a saperle cogliere come il luogo adatto dove mettere alla prova la nostra fede, una sorta di “ambone” privilegiato della testimonianza e dell’annuncio:

«metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza».

Come dicevo nella riflessione di tre anni fa, anche il male può essere tramutato in occasione di bene.

Buoni cristiani e onesti cittadini

Non lasciamoci ingannare, dunque: non facciamoci tirare qua e là tra chi ci vuole spaventare e chi ci propina facili rifugi sicuri! In ognuno dei due casi vivremmo fuori dal mondo.

C’è una “via di mezzo” tra le due derive del vivere nel perenne terrore della fine del mondo e del “rifugiarsi in sacrestia”: il condurre una vita da buoni cristiani e onesti cittadini.

La “ricetta” per questa vita si ottiene mettendo assieme le virtù umane e spirituali che leggiamo tra le righe dei testi biblici di questa domenica:

  1. una vita regolata, “ordinata” nel «guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità» (cfr le indicazioni dell’apostolo Paolo nella seconda lettura);
  2. il timor di Dio, ovvero: la paura di dispiacere al Padre celeste, che ha riversato su di noi tutto il Suo Amore e ha riposto in noi la Sua fiducia (cfr la parola di Malachia nella prima lettura);
  3. il tutto nella perseveranza raccomandata da Gesù, che serve per non perdersi d’animo nelle difficoltà e resistere anche quando siamo sotto pressione e schiacciati (è questo il significato letterale del termine greco ὑπομονή – upomoné).