Passare alla storia. 2ª Domenica di Avvento (C)

Chi passa alla storia?

Mentre la storia degli uomini va avanti a chiacchiere sempre uguali, la Parola di Dio è un avvenimento, che lascia il segno nel cuore di chi crede

Letture: Bar 5,1-9; Sal 126; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6

Sembra quasi un manuale di storia l’inizio di questo brano di Luca: è – in assoluto – il testo più circostanziato e documentato dell’intero Nuovo Testamento, e ci permette di collocare gli avvenimenti narrati in modo puntuale e preciso (siamo attorno al 28-29 d.C. – secondo il nostro calendario moderno).

Fin dall’inizio del suo scritto, il nostro raffinato e dotto studioso di Antiochia ci aveva dichiarato le sue intenzioni serie, il suo voler dimostrare la verità di quello che stava per raccontare:

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi… anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato… in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto (cfr Lc 1,1-4).

Insomma: mica delle favolette per far addormentare i bambini!

A noi piacciono le favole

Potessimo anche noi prendere così sul serio lo studio della storia e della vicenda di Gesù a partire da ricerche filologiche, archeologiche, geografiche, politiche e sociali, servendoci delle conoscenze attuali, come le scienze moderne e la nostra intelligenza ci rendono capaci!

E invece siamo vergognosamente ignoranti riguardo alla nostra fede; cosicché continuiamo a raccontare le pagine del Vangelo come fossero fiabe, e ci lasciamo abbindolare e plagiare dal primo romanziere di turno che mette in dubbio la storicità dei vangeli (tipo il Dan Brown del Codice Da Vinci), prendendo fischi per fiaschi e rendendoci ridicoli davanti al mondo.

Chi fa la storia?

A Luca – però – non interessa solo fare lo storico: la sua non è semplicemente una ricerca “scolastica”, da “topo di biblioteca”, con l’unico fine dello studio o dell’archivistica.

Da buon catechista, il nostro compagno di viaggio vuole dirci anche altre cose, di ordine teologico-spirituale.

Nell’inquadrare precisamente i fatti della vita di Gesù, l’evangelista mette in parallelo due storie diverse; una ufficiale, e una nascosta:

  1. Mentre Tiberio era imperatore, Ponzio Pilato governatore, Erode, Filippo e Lisània tetrarchi, Anna e Càifa sommi sacerdoti…
  2. la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto

Da una parte i luoghi famosi e importanti: Roma, Gerusalemme, i palazzi del potere, il Tempio… dall’altra il deserto.

Da una parte le persone “che contano” (Imperatori, re, “Papi”)… dall’altra un eremita insignificante, preso per pazzo.

Da una parte le grandi imprese epiche raccontate negli Annali… dall’altra una vicenda del tutto “personale” e periferica, che interessa a pochi.

Cambio di prospettiva

Ma a Dio piace cambiare le carte in tavola…

Prima di tutto, dobbiamo immedesimarci nel tempo in cui scrive Luca, perché oggi – a parte Tiberio – Erode e Pilato (come pure Anna e Caifa) sarebbero due perfetti sconosciuti per i criteri storiografici moderni, ma allora erano persone influenti.

Oggi nessuno conoscerebbe Erode se i vangeli non ce ne avessero parlato, e nemmeno Ponzio Pilato. Quest’ultimo – poi – lo nominiamo addirittura ogni domenica nel Credo! Ma solo perché ha incrociato la storia di Gesù, non di certo perché fosse un audace politico, anzi!

Luca sta chiedendo ai suoi contemporanei di rileggere la propria storia con gli occhi di Dio.

Mentre la storia va avanti…

Mentre i “grandi” di allora credevano di avere in mano il potere e il destino dei popoli (e così appariva alla gente del tempo), Dio si “calava” – quatto quatto – nelle pieghe più nascoste, “facendo lo slalom” tra le superbie dei potenti.

L’aveva già fatto trent’anni prima:

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra… Anche Giuseppe… doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto (cfr Lc 2,1-6).

L’Imperatore romano conta i suoi sudditi per ridisegnare lo scacchiere mondiale e raccogliere più tasse? E Dio si serve di questa prepotenza per “spostare” Maria e Giuseppe da Nazareth a Betlemme, così da compiere la profezia e la promessa fatta attraverso il profeta Michea 700 anni prima! (cfr Mi 5,1)

Dio “dribbla” il male e lo volge in bene

Dio fa sempre così: entra delicatamente e “di soppiatto” nella storia umana, ma – intanto – la ribalta, la riscrive.

A Lui piace scegliere i piccoli e gli umili della terra ed elevarli sopra tutti gli altri: dalla scelta di un popolo insignificante di nomadi (cfr Dt 7,7-8), fino alla chiamata di un’umile fanciulla dello sconosciuto villaggio di Nazareth (cfr Lc 1,5.26-27).

E lo farà sino alla fine, quando – ancora per opera dei potenti – Suo Figlio sarà condannato a morte: le “personalità” di allora credevano di aver cancellato un fastidioso intralcio alle loro meschine brame di potere, e invece Gli stavano consentendo di riscrivere la storia dell’umanità (e la loro) come una storia redenta, salvata dall’amore infinito di Dio.

Una storia di cimeli ammuffiti

Si sa: gli uomini credono di passare alla storia a suon di “apparizioni”, cercando a tutti i costi di lasciare “traccia di sé”, facendo parlare gli altri (bene o male, purché se ne parli)…

Ma cosa sono oggi le statue equestri fatte innalzare “a perenne memoria” da Tizio, Caio e Sempronio, se non dei monumenti che cercano affannosamente di resistere alle intemperie e allo smog?

Eppure, gli uomini di tutti i tempi si affannano nel tentativo di “lasciare un segno” a suon di “comparse”: un tempo era la TV, oggi sono i Social.

Ricordo di alcune persone (quando ero nel milanese), che facevano di tutto per “infilarsi” nel pubblico degli show che si registravano negli Studi Mediaset a Cologno Monzese, non solo per racimolare una misera manciata di euro come comparsa, ma soprattutto per apparire: mi dicevano – tutti esaltati – «Ehi, don, domani guarda Italia 1 che mi vedi in TV!»

Un’intera giornata passata ad applaudire “a comando”, per registrare solo mezz’ora di trasmissione! Mi cadono ancora le braccia fino a terra a ripensarci.

Cosa è rimasto di tutto quell’agitarsi? E cosa rimarrà di tutti i “mi piace” su Instagram e Facebook?

Quante cose sono successe nei secoli, di cui non è rimasta traccia? O le cui tracce non sono altro che dei “cimeli” ammuffiti e ingombranti?

«Niente di nuovo sotto il sole»

La Parola avviene

Dio invece – agendo “di nascosto” – lascia solo lievi tracce di Sé, ma – per chi se ne accorge – cambia davvero la storia: mentre tutti erano indaffarati a litigare a Gerusalemme, Dio seminava piccoli “chicchi” (cfr Mc 4,30-32) a Nazareth, a Betlemme, nel deserto del Giordano, nei territori pagani della Decàpoli.

È così che – nel deserto, lontano da tutti –

la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa

Quel «venne» (nel greco “avvenne”), è il tentativo di riscrivere una locuzione tipicamente ebraica che significa “accadere”.

Mentre nella storia degli uomini le cose (e le chiacchiere) si susseguono quasi sempre identiche a se stesse, una dopo l’altra, la Parola di Dio è un evento, che trasforma radicalmente la vita e la storia di chi la accoglie: così è per il Battista, che prende sul serio – per filo e per segno – la profezia di Isaia (cfr Is 40,3-5).

La Parola è eterna

Leggi, editti, regni, dominazioni e tutto il resto si sono susseguiti e annullati uno dopo l’altro… invece la Parola di Dio ha “marchiato a fuoco” la storia, senza prepotenza, ma andando solo ad interrogare la fede di ciascuno.

Ecco perché Gesù dirà a Suoi discepoli:

«Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Lc 21,33).

Le uniche parole di cui ci si può fidare (perché accadono e sono promesse mantenute) sono quelle di Dio: è solo sulla Sua Parola – accolta e messa in pratica – che si può edificare una storia duratura (cfr la parabola della casa edificata sulla roccia e non sulla sabbia: Mt 7,24-27).

Che storia vogliamo scrivere?

E noi, in quale libro vogliamo sia scritta la nostra storia? Quella altisonante dei “potenti”, quella patinata dei talk show, dei video su YouTube, o quella di Dio? Desideriamo che le pagine della nostra via siano solo gossip o Vangelo?

Se vogliamo che anche nella nostra vita “accada” la Parola di Dio, dobbiamo prenderla sul serio, come fece il Battista; e le indicazioni che ci suggerisce in questo secondo passo del cammino di Avvento sono preziose.

Cerchiamo di tradurre in concreto gli inviti di Isaia che Giovanni ha fatto suoi e rivolge anche a noi.

Raddrizzare i sentieri

«Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!»

Significa eliminare tutti i giri di parole e i discorsi falsi su cui si costruiscono le nostre “narrazioni”, che facciamo per avere sempre una scappatoia di scorta con cui cavarcela furbescamente, per tirarci fuori dai pasticci.

Significa togliere di mezzo l’imbroglio, il sotterfugio e ripristinare la chiarezza nel parlare e nell’agire, cercando la verità, sempre, costi quel che costi (Giovanni e Gesù hanno pagato con la loro vita questa sincerità).

Riempire i burroni e spianare le montagne

«Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato»

Significa fare di tutto per riportare equilibrio e giustizia in un mondo che crea sempre più diseguaglianze sociali, “barriere architettoniche”, che innalza sempre più i ricchi e affossa sempre più i poveri, che parla solo dei numeri della pandemia in Italia, delle proteste dei no-vax e dell’Europa che ci vuole rubare il Natale, ma chiude gli occhi sulle sofferenze immani dei migranti su tutti i confini (Lampedusa, Cipro, Turchia, Polonia o Messico che sia)!

E non possiamo sempre nasconderci dietro un dito, dicendo che è colpa dei politici, della crisi, delle multinazionali, che sono cose “fuori dalla nostra portata”…

Nel nostro piccolo (o nel nostro grande) cosa facciamo per ripristinare l’eguaglianza? A partire dalle nostre famiglie, dal nostro condominio, dalla nostra Parrocchia?

Quanti “muri” con filo spinato abbiamo innalzato attorno a noi? Quanti “fossati” pieni di coccodrilli abbiamo scavato per difendere il nostro ego?

Far accadere in noi la Parola

Non possiamo uscire dall’incontro con la Parola uguali a prima!

La Parola ci deve scuotere, ci deve togliere quella finta “pace interiore” che altro non è se non un “camuffamento” del nostro torpore spirituale!

Abbiamo iniziato – come ogni Avvento – il percorso della Lectio Divina… ma non deve rimanere una pia pratica di pietà spirituale: l’ultimo “gradino” di questo esercizio di accoglienza della Parola di Dio è la cosiddetta “Actio”, ovvero: la messa in pratica di ciò che il credente ha “imparato”.

Impariamo dal Battista, e soprattutto da Maria (che tra pochi giorni celebreremo nella solennità dell’Immacolata), a far sì che anche su di noi “avvenga”, accada la Parola di Dio, e – con lei – arriviamo a dire:

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).