San Tommaso chi?

san Tommaso

Se fosse per i sinottici Tommaso sarebbe rimasto semplicemente uno dei Dodici, un numero, un nome… per fortuna Giovanni ce l’ha fatto conoscere e apprezzare.

Omelia per lunedì 3 luglio 2023

Letture: Ef 2,19-22; Sal 116 (117); Gv 20,24-29

Gli evangelisti sinottici si accontentano di ricordare il nome di Tommaso nell’elenco dei Dodici, accanto a Matteo il pubblicano, tutto lì (cfr Mt 10,3, Mc 3,18, Lc 6,15).

Fosse stato per loro, oggi Tommaso potrebbe essere né più né meno che uno “straniero”.

Non è uno “straniero”

Per fortuna ci ha pensato l’evangelista Giovanni, qualche anno dopo, a farci conoscere questo prezioso compagno di viaggio.

Così oggi, anche di Tommaso possiamo dire, con le parole della prima lettura:

non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio.

Tommaso, il gemello

Anzitutto, il quarto evangelista ci ha rivelato il suo soprannome: Dìdimo, gemello.

Ho già avuto modo di argomentare su questo particolare in una riflessione per la seconda domenica di Pasqua di due anni fa, che qui riassumo brevemente.

  • Tommaso è il gemello di Gesù (quello che ogni discepolo dovrebbe essere) perché, a differenza di Pietro – che affermerà temerariamente di essere disposto a dare la vita “per” Gesù (cfr 13,37) – egli è disposto a morire “con” Gesù, seguendolo fino alla morte, condividendone fino in fondo la sorte (cfr Gv 11,16).
  • È il nostro gemello perché anche noi – come Tommaso il giorno di Pasqua – disertiamo il Cenacolo (la Santa Messa) quando ci sentiamo feriti e senza speranza, senza più fiducia in noi stessi, nella vita, negli altri, in Dio.

Tommaso il sincero

Di questo apostolo, Giovanni ci ha rivelato anche la semplicità da bambino nel porre a Gesù domande che nessun altro ha avuto il coraggio di fare:

«Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?»

È proprio grazie a questa sua sincerità e schiettezza che Gesù ci ha rivelato:

«Io sono la via, la verità e la vita» (cfr Gv 14,5-6).

Il cercatore di segni

Poi, nel celebre brano di vangelo che ascoltiamo ogni 2ª Domenica di Pasqua e che la Liturgia ci ripropone oggi in forma abbreviata, mostra tutto il suo bisogno di vedere e toccare con mano che quel fantomatico “Risorto” di cui gli parlano i suoi dieci compagni è veramente il Crocifisso e non un altro.

Grazie a Tommaso e al suo voler vedere e toccare il segno dei chiodi e la ferita del costato, noi siamo certi che quell’uomo che appariva glorioso dal giorno di Pasqua era proprio lo stesso Gesù morto in croce tre giorni prima!

Il Crocifisso e il Risorto sono la stessa identica persona: Tommaso l’ha verificato personalmente anche per noi. L’Amore Crocifisso e la Gloria del Risorto stanno uniti indissolubilmente, e qui si regge la nostra fede.

L’insegnante di giaculatorie

Infine – dopo che Gesù, con amorevolezza, torna apposta per lui e gli concede quanto ha chiesto – esclama una delle più belle professioni di fede nella divinità di Cristo che siano contenute nel Nuovo Testamento:

«Mio Signore e mio Dio!»

Quando ero piccolo, la suora che mi faceva catechismo e mi stava preparando alla Prima Comunione, mi aveva insegnato a ripetere questa formula al momento dell’elevazione della particola consacrata e del calice durante la Santa Messa, ed è ciò che faccio ancora oggi, che sono sacerdote da 25 anni!

#appuntalaparola

“Rubiamola” tutti a san Tommaso questa professione di fede così “semplice” e sintetica!

«Mio Signore e mio Dio!» diventi anche la nostra giaculatoria, la “Parola da appuntare”, il nostro ennesimo hashtag o Post-it, da usare ogni volta che contempliamo il Santissimo Sacramento o entriamo in chiesa a salutare Nostro Signore.

E, nel silenzio, fermiamoci ad ascoltare la risposta di Gesù, che è per ciascuno di noi:

«beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»