Spirito, acqua e sangue. Battesimo del Signore (B)

sangue e acqua

Da sempre l’acqua è un elemento imprescindibile per la vita dell’uomo, ma ora non basta più: Cristo è venuto con acqua e sangue, e lo Spirito lo testimonia.

Letture: Is 55,1-11; da Is 12,1-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11

La Festa del Battesimo del Signore (che – come ricordavo già l’anno scorsochiude il Tempo di Natale e apre il Tempo Ordinario) è anche la festa del nostro Battesimo, e l’occasione per farci riflettere sull’importanza di questo Sacramento per la nostra vita cristiana.

L’acqua: un bisogno antico

L’usanza di compiere gesti rituali di purificazione è ben antica, senz’altro antecedente al Battista.

Gli Ebrei osservavano diverse abluzioni nei loro riti, fin dai tempi di Mosé. Ma tantissime culture – anche più antiche – contemplavano rituali simili.

Da che mondo è mondo, il lavarsi (tutto il corpo o solo alcune parti) esprime il bisogno dell’uomo non solo di rinfrescarsi e lavarsi, ma anche di purificarsi interiormente.

Sarà perché – nel ventre di nostra madre – ci siamo formati nell’acqua, o perché il nostro organismo è costituito per oltre il 70% di acqua, ma il bisogno di questo elemento è scritto nell’uomo in modo che potremmo definire “genetico”.

Non c’è bisogno che riprendiamo in mano i nostri vecchi libri di scuola per capire quanto sia fondamentale questo elemento per la vita… ne facciamo esperienza da soli in una torrida giornata d’estate: basta finire l’acqua (o averla addirittura dimenticata) e andiamo nel panico!

Immergersi nell’acqua (questo è il significato della parola “battesimo”) è da sempre un simbolo di rinnovamento, esteriore e interiore.

Perché Gesù si fa battezzare?

Se l’immersione nell’acqua ha questo significato rituale da sempre, che ci fa qui Gesù, Dio in persona, in fila con i peccatori? Da cosa dovrebbe convertirsi?

Lo stesso Battista se ne meraviglia e chiede spiegazioni (secondo la versione di Matteo):

«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» (Mt 3,14)

La scelta di Gesù ha lo scopo di ribadire il senso dell’Incarnazione: Dio non è sceso sulla terra da “spettatore”, ma si è immerso totalmente nella nostra umanità, assumendone tutto il peso, la fatica, il dolore, la precarietà, la povertà…

Per mostrarci quanto è profonda la Sua solidarietà con noi, ha “vestito i nostri panni” fino in fondo: ha voluto condividere con l’uomo anche il suo continuo sentirsi inadeguato, distante da Dio, bisognoso di guarigione e conversione.

Se proprio c’era una “conversione” necessaria per Gesù, era quella di una svolta decisa nella sua missione: il passaggio definitivo dal nascondimento di Nazaret alla vita pubblica a servizio degli uomini.

È il battesimo nel Giordano – infatti – a segnare in tutti e quattro i vangeli l’inizio del ministero pubblico di Cristo.

Un nuovo battesimo, per noi

Poco prima che Gesù si presentasse sulla riva del Giordano, il Battista aveva annunciato un nuovo battesimo:

«Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ebbene, Gesù non ha bisogno nemmeno di questo nuovo rito (per altro istituito da Lui!): non aveva bisogno del rituale di Giovanni per purificarsi (perché senza peccato), né del Sacramento della rinascita a nuova vita per diventare figlio di Dio (perché lo è da sempre, e in modo unico).

Ancora una volta, nel trasformare il battesimo dell’acqua in quello dello Spirito, Gesù fa da “apripista” per noi:

Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme
(1Pt 2,21).

Infatti, col suo immergersi e riemergere dall’acqua (simbolo della Sua morte e risurrezione) fa squarciare per noi i cieli; per noi fa discendere lo Spirito come una colomba, per noi fa venire la voce del Padre a proclamare:

«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Vero uomo e vero Dio

In questo preciso momento Gesù riceve la conferma di essere il Figlio amato di Dio, il Messia prescelto per portare salvezza al mondo.

Dopo trent’anni trascorsi nella quotidianità nascosta di Nazaret ad apprendere con pazienza l’essere profondamente uomo, ora è giunto il momento di prendere sempre più coscienza di essere il Figlio prediletto del Padre.

Da qui in poi i cieli rimarranno squarciati per sempre, e il dialogo diretto col Padre continuo ed ininterrotto:

«Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (cfr Gv 14,10-11 e tutto il vangelo di Giovanni).

Noi dobbiamo solo credere

Come dicevo poco fa, l’esperienza di Gesù è l’inizio della nostra: Dio si è fatto come noi per farci come Lui (come abbiamo più volte ripetuto durante le festività natalizie).

È ciò che ci invita a credere fermamente lo stesso evangelista Giovanni nella sua prima lettera (che abbiamo ascoltato oggi come seconda lettura):

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio…
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo… E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?

Riconoscere con fede che Gesù è il Figlio prediletto del Padre, è il primo passo per riconoscerci figli di Dio a nostra volta.

Il germe di questa fede (che ci fa sentire figli nel Figlio) è stato seminato in noi il giorno del nostro battesimo, e viene alimentato di giorno in giorno, ogni volta che partecipiamo alla vita sacramentale di cui Cristo ci ha fatto dono:

Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue.

Acqua e sangue sono il simbolo del Battesimo e dell’Eucaristia, un fiume di grazia che l’evangelista ha visto sgorgare con i suoi occhi:

uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (Gv 19,34-35).

Spirito, acqua e sangue

Poco prima del colpo di lancia, Giovanni descrive la morte di Gesù come un’effusione dello Spirito:

dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito (Gv 19,30);

quello Spirito che Gesù aveva promesso, dicendo:

«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).

Ecco perché, nella sua lettera, Giovanni prosegue dicendo:

è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.

L’atto di fede più grande è quello di Dio

Tutte queste verità mettono a dura prova la nostra comprensione – che è molto limitata – e la nostra fede, che è ancor più fragile.

Ce ne rendiamo perfettamente conto quando – ad ogni Battesimo – siamo invitati a rinnovare le “Promesse battesimali”: a dire tre volte «rinuncio» (a satana e a tutte le sue opere e seduzioni) e tre volte «credo» (alla Santissima Trinità).

Ma non dimentichiamo che il primo a fare un atto di fede è proprio Dio, verso di noi: Egli, prima ancora che noi potessimo promettergli qualcosa o deciderci per Lui, ci ha detto «Tu sei il Figlio mio amato: sono orgoglioso di te!»

Ce l’ha detto fin dall’eternità, da prima che esistessimo, e continua a ripetercelo, finché non ne prenderemo pienamente coscienza e non saremo felici e orgogliosi di poter vivere da veri figli di Dio.


Per continuare a meditare e pregare sul tema di oggi, vi faccio ascoltare anche stavolta un bel canto: Come nel Battesimo, di Paolo Martinelli.