Vivere in maniera degna della chiamata. Festa di san Matteo

Chiamata di san Matteo

Consideriamo ciascuno la chiamata ricevuta da Dio: cosa possiamo vantare di nostro? Nulla. È solo per la Sua infinita misericordia che siamo stati chiamati.

Omelia per giovedì 21 settembre 2023

Letture: Ef 4,1-7.11-13; Sal 18 (19); Mt 9,9-13

La piccola riflessione che condivido con voi in occasione della festa di san Matteo parte dal testo della lettera di san Paolo agli Efesini che ascoltiamo nella prima lettura.

Il testo in questione, sicuramente, è stato scelto perché l’apostolo cita i vari tipi di chiamate e di ministeri nei quali rientra anche san Matteo (apostoli, evangelisti, pastori e maestri); ma l’esortazione iniziale apre uno squarcio sulla vicenda personale dell’evangelista che ci guida e accompagna in questo anno liturgico del ciclo “A”:

vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto…

Entrare nel cuore di Matteo

Dobbiamo entrare nel cuore e nella mente di quest’uomo, immedesimandoci fino in fondo in lui, e cercare di capire i suoi sentimenti profondi.

Come si sarà sentito lui – pubblicano e perciò odiato dalla gente comune e considerato un peccatore dai responsabili religiosi del tempo – raggiunto dalla chiamata di Gesù?

Proprio a lui: la persona meno degna e raccomandabile, la più lontana e irraggiungibile… lui che aveva altro per la testa, che pensava di aver già deciso definitivamente come portare avanti la sua vita…

Si sarà chiesto «perché proprio io?»

L’esperienza l’ha aiutato a capire in prima persona, sulla propria pelle, le parole di Gesù risuonate proprio in casa sua:

«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Lo dicevo già a commento del vangelo di due domeniche fa… di fronte alla raccomandazione di trattare il fratello che non vuole accogliere la correzione «come un pagano e un pubblicano», avrà ripensato senz’altro alla sua chiamata:

«cosa ha fatto Gesù con me, povero pubblicano? Mi ha amato oltre ogni misura, non si è dato per vinto, mi ha cercato finché non mi ha ritrovato!»

Il pubblicano è oggetto della cura e della misericordia di Dio, colui che Gli sta più a cuore di tutti, il Suo tesoro più prezioso, come la pecorella smarrita per il pastore.

Ripensare alla propria chiamata

È quello che siamo chiamati a fare anche noi di fronte all’esortazione iniziale di Paolo.

Comportarci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto, significa partire dalle stesse domande che si è fatto Matteo:

  • Chi sono io perché il Signore abbia chiamato proprio me? Che meriti avevo? Nessuno!

È un senso di smarrimento, stupore e gratitudine infinita nei confronti di Dio che ci deve guidare. A tal riguardo, ci può venire in aiuto un altro passo di san Paolo:

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti… Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole… per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato… quello che è nulla… per ridurre al nulla le cose che sono (cfr 1Cor 1,26-29).

Dio ci ha scelti e chiamati non già in base ai nostri meriti, ma solo ed esclusivamente per la Sua infinita misericordia, e per confondere il mondo, i “sapienti” e i “forti”.

Non un dovere ma una risposta

Allora l’umiltà, la dolcezza e la magnanimità, il sopportarci a vicenda nell’amore avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace non sono un dovere, ma una risposta alla chiamata del Signore, alla grazia che ci è stata data secondo la misura del dono di Cristo.

È un bagno di umiltà quello che dobbiamo fare, e da cui deve nascere una gioiosa riconoscenza, così da

edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.