Attentamente. 6ª Domenica del Tempo Ordinario (B)
Osservare attentamente le indicazioni del Signore è segno di amore e rispetto verso Dio e un modo per portare frutti di vera conversione.
Omelia per domenica 11 febbraio 2024
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Letture: Lv 13,1-2.45-46; Sal 31 (32); 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45
Sulla confezione di tutti i medicinali in commercio c’è scritto in bella vista «leggere attentamente il foglietto illustrativo».
Siamo tutti disobbedienti
Come ci ricorda il sito internet dell’Istituto Superiore di Sanità:
Prima di prendere un medicinale è importante leggere attentamente il foglio illustrativo per evitarne un uso improprio che potrebbe comportare rischi, anche seri, per la salute.
Per quanto l’invito sia perentorio, se siamo sinceri, dobbiamo ammettere tutti di aver soprasseduto spesso a questa indicazione.
Non obbedire a Gesù
Vi chiederete perché sono partito da questa suggestione…
Perché il lebbroso del vangelo di oggi fa parte di quei malati che non leggono attentamente le istruzioni del foglietto illustrativo.
Peggio ancora: pur avendo ricevuto indicazioni chiare e perentorie da parte del medico, ha fatto l’esatto contrario!
«Guarda di non dire niente a nessuno» – gli dice Gesù – Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto…
È del tutto comprensibile questa disobbedienza alla richiesta di Gesù: era stato solo per anni, isolato dal resto del mondo, escluso dalla vita… voi cosa avreste fatto al suo posto?
Perché era importante tacere?
Ma perché era così importante per Gesù che il lebbroso guarito se ne stesse zitto e osservasse attentamente tutte le prescrizioni scritte nella Legge di Mosè?
L’ho detto nella riflessione di tre anni fa: senz’altro per evitare che Gesù passasse per un “mago”, un “santone”, un “Messia con la bacchetta magica”, ma anche – e soprattutto – per dare tempo al lebbroso di prendere confidenza in modo graduale e profondo di quanto gli era successo, in una sorta di “convalescenza spirituale” che lo aiutasse a non fermarsi alla guarigione esteriore, ma a percepire quella più profonda (quella del cuore).
Ascoltare attentamente
È qualcosa che siamo chiamati a fare anche noi quando viviamo il Sacramento della Riconciliazione. Infatti, dopo l’assoluzione ricevuta dal sacerdote, il percorso non è ancora completo: perché i frutti di quella guarigione spirituale maturino, occorrono alcuni atti da parte del penitente.
È importante compiere quell’atto penitenziale che il confessore ha indicato e mantenere il proposito che si è fatto interiormente (o si è espresso pubblicamente al sacerdote).
Certamente il perdono di Dio non viene meno in assenza di questi due atti, ma esso non porta tutti i frutti necessari a una piena guarigione; un po’ come quando una persona appena uscita da una lunga degenza ospedaliera dovesse tornare immediatamente ai ritmi ordinari di vita e di lavoro: il rischio di ricadute è altissimo!
Confessioni “incompiute”
Se siamo sinceri, tante delle nostre confessioni non hanno “funzionato” un granché anche a causa di questa nostra negligenza: il non rispettare attentamente le indicazioni ricevute dal sacerdote (non solo la penitenza assegnata, ma anche il cercare di mettere in pratica i consigli spirituali che ci aveva dato).
Un segno di amore
Questo non prendere sul serio i passi da compiere nel nostro cammino spirituale, è anche segno di poco rispetto verso Dio, perché – se ci pensiamo – le cose che facciamo attentamente sono quelle a cui teniamo di più o che riguardano i nostri affetti più cari, a differenza di ciò che facciamo in modo distratto e sbadato.
Fare le cose con attenzione e diligenza è un segno d’amore.
Far scappare il Signore
Se, invece, viviamo il nostro cammino di fede in modo così “superficiale”, trasformando i Sacramenti in gesti sterili e meccanici, la conseguenza è quella raccontata dal vangelo di oggi: a Gesù tocca starsene fuori, in luoghi deserti, ed è sempre più difficile raggiungerlo, sia per noi che per i fratelli che ci incontrano (perché non lo percepiscono come davvero presente e vivo nella nostra vita).