Di più di “di più”. Quanta misericordia bisogna usare?
La misura dell’Amore è amare “di più”, senza misura. Il perdono è la forma più grande di Amore. Dio ce lo insegna rendendoci destinatari di un perdono smisurato.
Nella mia lunga mattinata di preghiera ho avuto la grazia di meditare su diversi testi, che hanno tutti al centro la misericordia.
Parto con la domanda dell’apostolo Pietro nel vangelo di oggi: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?»
Non è questione di “più” o di “meno”
Come sempre, il mio caro “fanfarone” pensava di far bella figura, “sparando” il numero che nella cultura ebraica indica la perfezione…
E invece ha “toppato” subito, perché ha puntato tutto sulla quantità in un ambito in cui – invece – ciò che conta è la qualità.
Se è vero (e lo è) che il perdono è la forma più grande di Amore, allora non si può ragionare in termini di “quante volte” bisogna amare.
O ami sempre o non ami proprio!
Scriveva – infatti – San Bernardo di Chiaravalle: «La misura dell’amore è amare senza misura» (De diligendo Deo, I).
Ma per rendersi conto di questo non si può far leva sulla ragione.
L’Amore non è una formula matematica che si può studiare sui libri: è una cosa che si impara per esperienza, ovvero essendo e sentendosi amati.
Sulla nostra pelle
Ecco perché Gesù racconta a Pietro la parabola del debitore perdonato, incapace di perdonare a sua volta.
Il racconto (come la maggior parte delle parabole) è uno di quelli che ci fa ribollire il sangue nelle vene per l’ingiustizia che contiene.
Ci sentiamo anche noi chiamati in causa a protestare perché il debitore a cui era stato condonato un debito impossibile da rifondere non perdona a sua volta una bazzecola.
Per capire la proporzione tra i due debiti: 10.000 talenti sono l’equivalente di 340.000 Kg di oro! Invece 100 denari sono solo tre mesi di stipendio… Per fare un solo talento (dei 10.000 dovuti dal primo debitore) occorrevano 6.000 denari: tra i due debiti vi è un rapporto di 1/600.000!
E – come per ogni parabola – alla fine ci rendiamo conto che – in realtà – il servo malvagio incapace di perdonare a sua volta… siamo noi!
Non siamo capaci di perdonare perché ci mettiamo un secondo a dimenticare quanto amore e quanto perdono abbiamo ricevuto.
Oppure – peggio ancora – crediamo che l’amore e il perdono che riceviamo (da Dio e dai fratelli) – dopotutto – siano un atto dovuto.
Un tempo favorevole per sperimentare la misericordia
La Quaresima è proprio il tempo favorevole in cui – invece – meditare tanto su quante volte e con quale misura incommensurabile Dio ci abbia perdonati e continui a perdonarci.
Noi non siamo altro che recipienti, che Dio continua a riempire del Suo Amore e del Suo Perdono, e che noi siamo chiamati a “svuotare” nel cuore degli altri, come semplici amministratori di qualcosa che non ci appartiene.
Gli altri testi che vi consegno, riguardano tutti persone che avevano sperimentato il grande dono della Misericordia infinita di Dio, e per questo Lo sapevano invocare nel momento del pericolo (come sono questi giorni terribili).
Il primo (nella prima lettura di oggi) è Azaria, che prega nella fornace:
«Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome,
non infrangere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia…
Fa’ con noi secondo la tua clemenza,
secondo la tua grande misericordia».
Il secondo è Mosè, nella prima lettura dell’Ufficio di Letture del Breviario di oggi:
«Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande forza e con mano potente? …Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele…»
Infine vi lascio tutto il testo di San Pietro Crisologo, proposto come seconda lettura nell’Ufficio di Letture del Breviario che noi preti e religiosi abbiamo meditato oggi.
È un po’ lungo, ma stupendo, e ci fa capire come tutto si regga sulla misericordia:
La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve
Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia… (continua a leggere)