La pace nasce dal timore di Dio. 2ª Domenica di Avvento (A)

Timore di Dio

L’Avvento ci indica il timore di Dio come l’atteggiamento, la strada per costruire una pace vera e duratura, che consentirà l’instaurarsi del Regno dei cieli.

Omelia per domenica 4 dicembre 2022

Letture: Is 11,1-10; Sal 71 (72); Rm 15,4-9; Mt 3,1-12

Nell’omelia della prima Domenica di Avvento ho focalizzato l’attenzione sull’invito del profeta Isaia a una riconversione industriale per costruire la pace:

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci…

E vi invitavo – assieme all’apostolo Paolo – a gettare via le opere delle tenebre e indossare le armi della luce.

È ora di svegliarsi

Sì, perché l’invito alla vigilanza – tipico del tempo liturgico dell’Avvento – può essere realizzato in modo concreto solo se ci si sveglia dal sonno, se si impara a guardare ciò che succede attorno a noi con attenzione, non in modo distratto o – peggio – disinteressato, come ai giorni di Noè, quando non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti.

Non è una messinscena

Per noi credenti oggi vivere l’Avvento non significa attendere il giorno di Natale, far finta che Gesù rinasce…

E non è nemmeno una sorta di “maquillage dell’anima”, cercando di fare qualche “fioretto”, di aggiungere qualche gesto liturgico speciale alle nostre celebrazioni, programmare una confessione più o meno decente…

E neanche ripetere meccanicamente che «stiamo attendendo l’avvento del Regno di Dio», ma senza mai prenderci sul serio.

Vivere l’Avvento è costruire la pace

Per noi, vivere oggi l’attesa dell’Avvento, in questo dicembre 2022 appena iniziato, dopo più di nove mesi di guerra in Ucraina alla quale stiamo assistendo ormai indifferenti e anestetizzati, significa desiderare, cercare e fare di tutto per costruire la pace, come dicevo settimana scorsa.

Occorre remare contro corrente: fare come Noè, che costruì un’arca in piena montagna, davanti agli sguardi smarriti, indifferenti o canzonatori dei suoi compaesani.

È la Parola di Dio a chiedercelo

E – badate bene – non è don Pietro a chiederlo, ma la Parola di Dio: anche questa domenica, infatti, al Salmo Responsoriale ripeteremo per ben cinque volte «Vieni, Signore, re di giustizia e di pace».

Ma possiamo chiedere al re della pace di venire e instaurare il Suo regno se siamo bellamente indifferenti (se non conniventi) davanti alla guerra?

È proprio questa la conversione richiesta dal Battista nel vangelo di fronte al «regno dei cieli che si è fatto vicino». Egli lo fa ripetendo le parole di quella voce nel deserto di cui aveva già parlato il profeta Isaia:

«Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!»

Camminare nella legge di Dio

La via del Signore e i Suoi sentieri non indicano delle strade carrozzabili o dei tracciati percorribili a piedi: queste espressioni nella Sacra Scrittura alludono alla Legge di Dio (cfr qui per «la via del Signore», o qui per «le Sue vie», e qui per «i sentieri del Signore»).

Perciò, preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri significa comportarsi secondo la Sua Legge:

Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore
(Sal 119,1).

Solo quando tutti gli uomini cammineranno nella legge di Dio il Suo Regno potrà essere accolto e instaurarsi definitivamente.

E quella di Dio è una legge di giustizia, perché – lo sappiamo – «non c’è pace senza giustizia».

Non c’è pace senza giustizia

La ripetiamo spesso questa frase, come una specie di slogan… ma la nostra idea di giustizia fa acqua da tutte le parti, perché noi reputiamo un’ingiustizia qualsiasi cosa vada contro i nostri interessi, e “giusto” ciò che dà ragione a noi: non ci importa nulla di una vera equità, che solo Dio è capace di instaurare in quanto «giudice giusto» (cfr Sal 7,12; Sal 9,5; 2Tm 4,8).

E come applica Dio la Sua giustizia? Certamente prendendo decisioni eque, senza essere di parte, senza farsi condizionare o abbindolare, e senza fare di tutta l’erba un fascio, come afferma chiaramente Isaia nella prima lettura:

Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.

E così anche l’autore del Salmo Responsoriale (il Sal 72):

egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Il nostro unico modo di “ripristinare la giustizia”, invece, è metterci dalla parte dell’aggredito e armarlo, non per aiutarlo a difendersi, ma per umiliare l’aggressore: e così si generano solamente nuovi squilibri, sofferenze e morte.

Non è da una distruzione infinita che possiamo sperare la pace e la serenità per i popoli in guerra!

Non c’è giustizia senza timore di Dio

Il testo di Isaia che ho citato poco fa è preceduto da un’importantissima annotazione:

Su di lui si poserà lo spirito del Signore…

spirito di conoscenza e di timore del Signore.

Si compiacerà del timore del Signore.

Secondo Isaia, il timore di Dio (che è dono dello Spirito) è la condizione indispensabile per poter esercitare la giustizia e non prendere decisioni per sentito dire.

Esattamente il contrario di ciò che facciamo noi: basta che qualcuno ci riferisca che gli è sembrato di sentir parlare male di noi e subito scateniamo l’inferno e parte la vendetta: altro che timor di Dio! Siamo noi a «scatenare “l’ira di dio”» (diciamo così, no?)

Cos’è il timore di Dio?

Il timore di Dio non è la paura di una sorta di Grande Fratello che ci spia e poi fa il “castigamatti” se si arrabbia: è – invece – l’atteggiamento del credente che vive sapendo di essere sempre sotto lo sguardo amorevole del Signore, ed è preoccupato di piacere più a Lui che agli uomini.

Dio è giudice delle azioni dell’uomo: non, però, come un funzionario che cerca di cogliere qualcuno in fallo, ma come un padre che desidera il vero bene del figlio, anzi: di tutti i suoi figli.

Quindi, il timore di Dio è l’atteggiamento del figlio che vuole corrispondere all’amore del padre, piuttosto che quello del suddito che non vuole essere colto a trasgredire la legge. Non è avere paura di Dio, ma rispetto per Lui: è il desiderio di onorarlo con la propria condotta, e di renderlo orgoglioso del fatto che i Suoi figli ce la mettono tutta per andare d’amore e d’accordo.

Noi non abbiamo timore di Dio

Tante volte – di fronte a qualche atto di inaudita violenza – reagiamo dicendo «non ha nemmeno timore di Dio!?» …Ma noi ce l’abbiamo questo timore?

Molti sedicenti cristiani no di sicuro: chi pensa di instaurare la pace a suon di armi, non ha timore di Dio, perché decide in autonomia cosa è giusto e cosa è sbagliato (per sé e per gli altri), senza mai far riferimento al Vangelo.

Sono quei “cristiani da salotto” che criticano il Papa che chiede continuamente il dialogo tra le parti anziché proseguire l’escalation militare: quanti “ferventi cristiani”, anche preti e Vescovi (!), parlano impunemente di questa guerra come se il Vangelo non c’entrasse nulla!

Un credente – se ha timore di Dio – non può limitarsi al dibattito coi vari schieramenti di pensiero politico e sociale, ma deve chiedere anzitutto al Signore quale sia la via della pace, e seguirla!

E – se siamo sinceri – questo modo di fare tutto senza timore di Dio non lo applichiamo solo nelle questioni internazionali, ma anche nei rapporti interpersonali, dove con nonchalance diciamo «buono sì, ma fesso no, eh?» e così ci auto-esoneriamo perfino dalla legge fondamentale del Vangelo che ci chiede di amare il prossimo e perfino i nostri nemici (cfr Mt 5,43-48).