Ospitali e accoglienti con tutti

Ospitalità e accoglienza

L’ospitalità di Abramo è esemplare non tanto per la quantità e la qualità di quello che ha messo in tavola, ma per il disinteresse con cui l’ha praticata.

Commento alle letture di sabato 1° luglio 2023

Letture: Gen 18,1-15; Lc 1,36-47; Mt 8,5-17

Anche il brano di oggi termina con un riso di scherno riguardo alla promessa divina di un figlio, ma quella di Sara non è una mancanza di fede (come quella vista ieri in Abramo), perché si rende conto solo alla fine di trovarsi di fronte al Signore.

Il tema centrale di questa pagina è senz’altro l’ospitalità, che era (ed è) un valore sacro in Oriente.

Un’ospitalità esemplare

Noi, conoscendo già tutta la storia e sapendo che dietro quei tre misteriosi personaggi si nasconde il Signore, rischiamo di sorvolare troppo velocemente sulla qualità dell’accoglienza di Abramo. Occorre invece sottolineare che:

  • Abramo non sapeva inizialmente di trovarsi di fronte a Dio;
  • stava riposando «nell’ora più calda del giorno», il momento nel quale è quasi impossibile far qualsiasi attività fisica;
  • i tre uomini erano dei perfetti sconosciuti, e avrebbero potuto essere anche malintenzionati.

Nonostante tutte queste premesse, la sua ospitalità è magnifica, come quella riservata ad un re:

  • corre loro incontro;
  • li saluta con deferenza prostrandosi fino a terra;
  • li supplica di accettare la sua ospitalità;
  • promette solo «un po’ d’acqua e un boccone di pane» e invece imbandisce cibi abbondanti e prelibati: vitello tenero, latte fresco e una gran quantità di focacce (con 21kg di farina!);
  • fa correre Sara (cosa normale in una società patriarcale), ma «all’armento corse lui stesso» e anche a prendere «panna e latte fresco»;
  • infine, «egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, mentre quelli mangiarono».

Un’accoglienza disinteressata

L’ospitalità di Abramo è superlativa non tanto e solo per la quantità e la qualità di quello che ha messo in tavola, ma per il disinteresse con cui l’ha praticata: non aveva alcun tornaconto se non la gioia di fare del bene.

E noi, quando ci “sbattiamo” come Abramo?

Siamo capaci di fare il bene solo perché è bene? Riusciamo a compiere atti di generosità con disinteresse, o c’è sempre un tornaconto subdolo e nascosto?

È “facile” essere generosi quando si ha a che fare con personaggi importanti e si vuole fare bella figura, o quando si ospitano cari amici… ma Gesù ci dice:

«se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?» (cfr Mt 5,46-47)

Liturgie false

È facile riempirsi la bocca di discorsi sulla carità ma poi accontentarsi di “metterla solo in scena”, facendo grandi e pompose cerimonie religiose… ma che senso hanno se poi non siamo davvero accoglienti, se l’Eucaristia che celebriamo in chiesa non corrisponde a una vera carità verso i poveri e gli ultimi?

In tal senso, sono un monito fortissimo le parole di san Giovanni Crisostomo:

Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua?

(San Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di Matteo, Om. 50)

La carità vale più dei sacrifici

Questa pagina biblica ci rivela che la comunione più profonda tra Dio e gli uomini non è tanto di natura cultuale, ma conviviale: offrire da mangiare sotto un albero a tre viandanti nel deserto significa la possibilità di un incontro con Dio, più di quanto ciò non avvenga attraverso “olocausti e sacrifici”.

Nella lettera agli Ebrei, infatti, leggiamo:

Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli (Eb 13,2).

E nel vangelo di domani sentiremo queste parole di Gesù:

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato… Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (cfr Mt 10,40-42).

E noi?

Facciamoci un esame di coscienza: quale accoglienza offriamo a chi arriva all’improvviso, ospite inatteso, «nell’ora più calda del giorno» (quando stiamo riposando, e ci è più faticoso alzarsi e mettersi a servire)?

Quali sentimenti portiamo nel cuore mentre accogliamo chi non aspettavamo?

Siamo capaci di vedere Cristo dietro il volto di ogni uomo?