Il bello deve ancora venire. 2ª Domenica di Avvento (B)

Il bello deve ancora venire

Viviamo come se il Vangelo non fosse mai stato annunciato, come se “il bello” dovesse ancora venire. Rileggiamolo col cuore, e diciamo «il bello inizia adesso!»

Omelia per domenica 10 dicembre 2023

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Letture: Is 40,1-5.9-11; Sal 84 (85); 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8

Spesso, mentre guardiamo un film d’avventura o assistiamo a uno spettacolo pirotecnico, ci esaltiamo ed esclamiamo «wow!». E, non di rado, capita che qualcuno vicino a noi (che sa già come sarà il finale), per fare crescere ancora di più la nostra attesa, ci dica «eh… il meglio deve ancora venire, vedrai».

Il bello comincia ora

Sembra un po’ questo il tono che voleva imprimere l’evangelista Marco all’inizio del suo scritto con le parole «Inizio del vangelo», come a dire: «le buone notizie arrivano ora», «adesso viene il bello».

Ho già cercato di spiegare nell’omelia di tre anni fa che il vangelo (che letteralmente significa “buona notizia”) non era un genere letterario e tantomeno il titolo dei racconti delle vicende di Gesù: i quattro vangeli sono stati per diverso tempo degli scritti anonimi e senza titolo, fino all’avvento di Giustino, che li chiama così nella sua prima Apologia dei cristiani.

Cosa c’è di così bello?

Ma cosa aveva di così “bello” da annunciare Marco?

Non certo pace sociale e benessere economico: lo scritto risale all’anno 70 d.C., quando la furiosa persecuzione di Nerone aveva già mandato a morte gli apostoli Pietro e Paolo, le due “colonne”, e ormai venivano meno anche gli ultimi testimoni oculari della vicenda di Gesù.

Quella a cui Marco si rivolge è a una Comunità desolata e spaventata. Ma anche la società civile non era messa meglio: la promessa della Pax romana tanto osannata dagli Imperatori era tutt’altro che salda ed effettiva.

È evidente che il nostro evangelista aveva un bel coraggio a dire «ora inizia il vangelo», «il bello viene ora».

Era una provocazione al potere temporale (che chiamava “vangeli” i propri mirabolanti programmi di governo) e una grande prova di fede.

Ci vuole fede per trovare qualcosa di bello nei frangenti più dolorosi della storia, ma è quello che siamo chiamati a fare noi discepoli del Risorto: leggere i segni della Sua presenza nel mondo e aiutare tutti gli uomini a vederli.

Qual è la buona notizia?

Come dicevo tre anni fa, l’espressione «il vangelo di Gesù», nella lingua greca, si può tradurre in due modi:

  1. «la buona notizia che ci ha detto Gesù»
  2. «la buona notizia che è Gesù»

Non abbiamo per le mani un libro vecchio di duemila anni: il Vangelo, la “buona notizia”, è Gesù stesso, che rende presente il Regno di Dio. E quindi “il bello” è questa Parola Vivente: Gesù.

Di più: “il bello” è che Gesù è Dio! La Sua venuta nel mondo ha colmato l’ardente desiderio dell’umanità di trovare Dio, venendogli incontro personalmente.

Un Dio tutto nuovo

Marco testimonia che l’unico vangelo, l’unica “buona notizia” è che Dio ci è finalmente venuto incontro, e che lo ha fatto nel modo concreto che Gesù ci ha mostrato e reso presente: attraverso la misericordia e il perdono.

È questo il contenuto nuovo, “il bello” dell’annuncio cristiano: quel Dio che tutte le culture e religioni precedenti avevano dipinto né più né meno che come un uomo (seppur onnipotente), buono coi buoni e tremendo coi suoi nemici, invece aveva il volto di un Padre buono, paziente, misericordioso, amante della vita e affettuoso con tutte le Sue creature, un Padre disposto a perdonare.

È già venuto o deve ancora venire?

Questo annuncio risuona nella Chiesa da ormai duemila anni, e quindi potremmo dire che «il bello è già venuto», ma – se siamo sinceri e guardiamo con onestà la nostra vita – dobbiamo dire che anche noi cristiani viviamo come se questo avvenimento non fosse mai accaduto.

Viviamo ancora attaccati all’idea di un “dio” che ce l’ha con noi ed è arrabbiato, o che è distratto e lontano dalle nostre vicende, o che «se la lega al dito» quando non facciamo quello che dice Lui…

Per questo, ogni volta che apriamo il Vangelo e lo leggiamo col cuore, dobbiamo ammettere che è come se fosse la prima volta, e scopriamo un’immagine di Dio totalmente diversa da quella distorta che ci fa vivere spesso nell’angoscia.

Si volta pagina

Per questo motivo, ancora una volta, anche quest’anno, abbiamo ricominciato da capo il percorso dell’Anno Liturgico che – come dicevo domenica scorsa – è una nuova ed ennesima opportunità di rileggere il nostro cammino di credenti alla luce dei misteri della vita di Cristo e disporci in un atteggiamento di sincera conversione.

È questo “il bello” e la grazia del nostro essere cristiani: ogni anno possiamo ricominciare da capo la nostra “avventura”.

Anzi: ogni giorno possiamo prendere in mano il libro della nostra vita, voltare pagina e scrivere «il bello deve ancora venire: adesso inizia la mia vita nuova con Dio, alla luce del vangelo di Cristo».