Imparare a fare il bene
Fare il bene non è una cosa che viene naturale, nemmeno alle persone più buone: è qualcosa da imparare, giorno per giorno, imitando il Signore.
Omelia per martedì 27 febbraio 2024
Letture: Is 1,10.16-20; Sal 49 (50); Mt 23,1-12
Il primo capitolo del profeta Isaia (di cui oggi ascoltiamo alcuni versetti) contiene quasi una sintesi delle tematiche sviluppate nell’intero libro.
Amore e ingratitudine
Anzitutto l’amore di Dio per il Suo popolo, ricambiato con l’ingratitudine e l’infedeltà:
«Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.
Il bue conosce il suo proprietario
e l’asino la greppia del suo padrone,
ma Israele non conosce,
il mio popolo non comprende» (cfr Is 1,2-9).
Religiosità falsa
Poi la denuncia di un culto solo esteriore nel quale il popolo crede di poter trovare purificazione, nonostante le proprie cattiverie:
«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero?
– dice il Signore...
Smettete di presentare offerte inutili…
non posso sopportare delitto e solennità» (cfr Is 1,10-15).
Il vero culto
Al centro del brano che ascoltiamo oggi come prima lettura, Dio chiede al Suo popolo di smettere di compiere il male, di praticare la giustizia e la carità:
«Cessate di fare il male,
imparate a fare il bene,
cercate la giustizia,
soccorrete l’oppresso,
rendete giustizia all’orfano,
difendete la causa della vedova».
È questo il vero culto gradito al Signore.
Solo così il popolo potrà sperimentare la vera natura di Dio, sempre pronto a perdonare e a cancellare i peccati.1
Una conversione difficile
Ma questa “inversione di rotta” non è una cosa semplice: fare il bene non è automatico, nemmeno per una persona in gamba e dall’animo buono.
Dio dice «cessate di fare il male, imparate a fare il bene» perché è molto più facile fare il male: è quasi “spontaneo” e “connaturale”, perché l’uomo è fondamentalmente un egoista.
Quindi, occorre uno sforzo enorme per cessare la propensione istintiva alla ricerca del bene solo per sé (che è spesso un male per gli altri): è quel famoso rinnegare se stessi che Gesù chiede a chi vuole seguirlo.2
La fatica di imparare
Fare il bene, invece, è qualcosa da imparare, giorno dopo giorno, andando incontro a quelle categorie di persone che umanamente non vorremmo avvicinare perché ci creano repulsione: l’oppresso, l’orfano e la vedova, gli «scarti della società» (come spesso Papa Francesco ci denuncia di considerarli).
Mentre imparare a fare il male è facilissimo ed è molto arduo disimparare (la prova è la quantità di vizi che abbiamo), è davvero impegnativo imparare a fare il bene fino a quando ci diventa connaturale e non disimpararlo più (prova è la fatica che facciamo a praticare le virtù).
Per imparare – si sa – occorrono anni di studio e un buon insegnante: è il cammino della nostra fede, che siamo chiamati a percorrere diligentemente, alla scuola dell’unico Maestro, il Cristo (v. il vangelo di oggi).
- Cfr Is 1,18-20. ↩︎
- Cfr Mc 8,34. ↩︎