La Parola unisce. 3ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
L’unità dei cristiani non si basa su un accordo o un compromesso: ciò che unisce i credenti in una cosa sola è la Parola incarnata: Cristo e il Suo Vangelo.
Omelia per domenica 22 gennaio 2023
Letture: Is 8,23-9,3; Sal 26 (27); 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23
Oggi voglio soffermarmi sulla provocazione suscitata dall’apostolo Paolo nella seconda lettura:
Vi esorto, fratelli… a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi…
Infatti… tra voi vi sono discordie… ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo».
È forse diviso il Cristo?
Oltre al fatto che siamo nel bel mezzo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, credo che il tema della messa in guardia dalle divisioni sia anche l’occasione per sottolineare l’importanza dell’ascolto e dell’approfondimento della Parola di Dio, a cui siamo chiamati – da quattro anni a questa parte – nella terza domenica del Tempo Ordinario.
Discordie e divisioni
Il tema delle discordie e delle divisioni nella società umana (e anche nella Chiesa, purtroppo) è antico quanto il mondo: gli uomini non fanno a tempo ad organizzarsi in gruppo (in qualsiasi forma e occasione), che un minuto dopo già sorgono fazioni, divisioni, etc… la storia della Torre di Babele ne è un emblema nella Sacra Scrittura (cfr Gen 11,1-9).
Dall’assemblea di condominio alla seduta in Parlamento, anche l’Italia è la triste conferma di questa tendenza atavica.
Non dico che avere idee diverse sia sbagliato, ma quando le idee e le opinioni diventano più importanti delle persone che le esprimono, allora è un dramma.
Lo zampino del diavolo
La divisione è sempre opera del demonio, perché quello è proprio il suo “mestiere” (il termine diavolo, letteralmente, significa – appunto – “divisore”).
Satana cerca sempre di dipingere l’altro come un contendente, un avversario che ti vuol “fregare”… mi pare quasi superfluo – a tal proposito – ricordare la pagina del peccato originale (cfr Gen 3,1-5).
Capite bene che se gli altri – da interlocutori – diventano fastidi da togliere di mezzo… la frittata è presto fatta.
Cercare ciò che unisce
Se invece le persone sono più importanti delle idee espresse, allora – anziché la discordia – c’è dialogo e confronto, alla ricerca di un punto d’incontro e di condivisione.
Una delle frasi più famose del nostro caro Papa Giovanni è:
Cerchiamo sempre ciò che ci unisce, mai quello che ci divide.
È un grande sforzo, perché a noi sembra più facile e sbrigativo cercare di far prevalere un’idea su un’altra anziché cercare una sintesi. Quante volte – anche nelle nostre comunità parrocchiali, nei Consigli Pastorali – si opta per decidere “a maggioranza”, ben sapendo che quella maggioranza non rappresenta proprio nessuno se non le proprie idee o quelle di una piccola cerchia?
Se siamo così divisi all’interno di ogni Parrocchia, figuriamoci nella Chiesa e tra le varie confessioni cristiane! Non siamo proprio un bell’esempio davanti al mondo.
L’unità è fondamentale
Cercare l’unità e la condivisione non è solo una questione “diplomatica”, un atteggiamento di “buon vicinato”, ma il fulcro stesso del dirci e dell’essere cristiani, perché è il desiderio grande di Gesù, espresso nel Suo lungo discorso-testamento durante l’ultima cena:
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,20-21).
Ne va davvero della credibilità dei credenti, e della credibilità di Cristo stesso come inviato del Padre («perché il mondo creda che tu mi hai mandato»)!
Cos’è che unisce per davvero?
Ma l’unità non è una cosa che possiamo darci da soli, sforzandoci semplicemente di andare “d’amore e d’accordo”, di trovare un compromesso.
La concordia tra i credenti si ottiene solo per grazia, tornado alla fonte e alla sorgente di questa unità, che è Cristo, Verbo eterno di Dio, incarnato, morto e risorto per noi.
Ecco il senso delle domande ficcanti dell’apostolo:
Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?
Non basta il battesimo
E non basta nemmeno battezzare: in questi giorni, durante le celebrazioni per l’unità dei cristiani, torna spesso il riferimento all’unico battesimo come “punto in comune” tra le varie confessioni cristiane… ma anche su questo occorre riflettere.
Per molti secoli i missionari hanno battuto in lungo e in largo le terre lontane, battezzando a più non posso per poi andare oltre… Ma non basta dare un Sacramento (per quanto esso sia segno efficace che realizza l’unione con Dio e la Chiesa): occorre annunciare il Vangelo e far incontrare Cristo, vivo e presente.
Per anni abbiamo creduto che per “fare dei cristiani” bastasse semplicemente amministrare i Sacramenti dell’Iniziazione, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: centinaia, migliaia di bambini e ragazzi che hanno ricevuto il Battesimo, l’Eucaristia e la Cresima non sanno nemmeno chi sia Gesù Cristo e quale sia il Suo messaggio di salvezza!
Ecco il senso delle parole di Paolo:
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo.
È la Parola che unisce
Ciò che unisce gli uomini in quanto credenti è l’accoglienza del Vangelo, inteso – ovviamente – non come un libro o delle parole scritte, ma come Parola viva e incarnata: Cristo Gesù.
Il Vangelo è quella Parola che si è fatta carne e ha cominciato a farsi incontro all’uomo, per illuminare il buio del suo cuore. È la promessa di Dio che finalmente si compie:
Gesù… andò ad abitare… nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Ogni uomo, di tutti i luoghi e di tutti i tempi, attende di incontrare questa Parola fatta carne! E se noi continuiamo a crogiolarci nelle nostre autocelebrazioni, nei riti stantii e nelle tradizioni, non la faremo incontrare a nessuno, perché non la incontreremo più nemmeno noi, che ci diciamo cristiani!
…se la prendiamo sul serio
Tornando a questa Domenica della Parola di Dio, è chiaro che non siamo chiamati semplicemente a studiare la Bibbia, a creare “Scuole della Parola” (che sono assolutamente iniziative lodevoli per scalzare la tremenda ignoranza che noi cristiani abbiamo dei nostri testi sacri), altrimenti la cosa diventa l’ennesimo “passatempo” o sfizio personale.
Tra l’altro, non sono pochi i cristiani che – dopo aver frequentato qualche iniziativa del genere – si atteggiano a “professori”, facendo della loro conoscenza biblica un vanto, disprezzando chi non è come loro, creando nuove divisioni… è il dramma di chi non ha capito che la Scrittura non è una scienza da studiare per la propria intelligenza, ma da ascoltare tutti assieme:
Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione (2Pt 1,20).
Solo se si accoglie il Vangelo come Parola che unisce (perché è Cristo che ci chiama all’unità), allora possiamo davvero sperare e credere nella riunificazione di tutti i credenti in Cristo.
Come i primi discepoli del vangelo di oggi, dobbiamo accogliere questa Parola (che è Gesù stesso) come invito a radunarci tutti attorno a Lui. Questo significa ascoltare e mettere in pratica:
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era (Gc 1,23-24).