Imparare a gioire. 3ª Domenica di Avvento (B)
La gioia è un sentimento spontaneo, ma imparare a gioire si può. Ce lo insegna la Scrittura attraverso la gioia di Maria, dei Profeti e i consigli di san Paolo.
Omelia per domenica 17 dicembre 2023
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Letture: Is 61,1-2.10-11; Lc 1,46b-50.53-54; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
Visto che questa domenica è dedicata al tema della gioia (come ogni 3ª di Avvento e 4ª di Quaresima), lascio un attimo da parte il brano di vangelo (che ho già commentato ampiamente tre anni fa) e mi concentro più sugli altri testi.
Questa domenica prende la denominazione “Gaudete” dalla prima parola in latino dell’antica antifona d’ingresso alla Messa,1 che è l’incipit del testo di Paolo ai Filippesi che si legge nella 3ª di Avvento del ciclo liturgico “C”.
Si può gioire a comando?
Anche i testi di quest’anno traboccano di gioia, e anche nel brano della prima lettera ai Tessalonicesi che leggiamo oggi l’apostolo ci invita a essere sempre lieti.
Verrebbe da rispondergli, d’istinto, con un «la fai facile tu», soprattutto ai musoni come me. Parafrasando don Abbondio (che diceva «il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare»2), mi verrebbe da dire che la gioia non la si può auto-produrre: o ce l’hai o non ce l’hai, non la si compra al mercato!
È un sentimento spontaneo, che nasce come conseguenza di una combinazione di fattori; eppure la Scrittura ha l’ardire di invitare i credenti alla gioia, e lo fa sia presentando personaggi che raccontano la loro gioia e il motivo del loro gioire, sia consigliando gli “ingredienti” per arrivare a vivere ugualmente questo stato d’animo.
Imparare da chi gioisce
Nella prima lettura, l’autore del terzo rotolo del profeta Isaia prorompe in un canto di gioia ed esultanza perché si riconosce ricoperto dallo Spirito del Signore, consacrato e inviato a portare un lieto annuncio (un vangelo) ai poveri.
I primi due versetti sono il testo che leggerà Gesù nella sinagoga di Nazaret attribuendolo a sé (cfr Lc 4,16-21); nei versetti successivi, vedendosi rivestito delle vesti sacerdotali e regali, il profeta gioisce pienamente nel Signore, sentendosi come uno sposo o una sposa che si preparano alle nozze.
Anche Maria nel suo Magnificat (che oggi la Liturgia ci propone come Salmo Responsoriale) gioisce ed esulta per ciò che il Signore ha fatto in lei e per tutti gli umili del suo popolo.
Insomma: per imparare a gioire occorre contemplare e assaporare fino in fondo tutto il bene che il Signore compie, su di te e su ogni creatura.
Gli “ingredienti” del gioire
Nella seconda lettura, Paolo ci suggerisce una serie di accorgimenti per favorire il sorgere e il permanere della gioia nell’animo umano.
Al primo versetto sembra quasi che l’invito a gioire sia uno dei tanti inseriti assieme ad altri, ma io sono convinto che quelli che seguono sono condizioni necessarie a far scaturire la gioia nell’animo umano.
Pregare di continuo
Anzitutto «pregate ininterrottamente»: non significa occupare tutti gli istanti della nostra vita a recitare formule devozionali, ma fare in modo che ogni nostro respiro sia dialogo con Dio; qualsiasi cosa pensiamo, diciamo o facciamo, siamo chiamati a farla in piena comunione e accordo col Signore.
Fare tutto “alla luce del sole” ci rende persone trasparenti, sincere, leggere, buone… gioiose.
Ringraziare sempre
Poi «in ogni cosa rendete grazie»: quanta tristezza spande nel mondo l’ingratitudine, il dare tutto per scontato, il fare sempre le cose per dovere e pretenderle come dovute…
Ringraziamo sempre, anche senza motivo, e vedremo nascere sorrisi ovunque!
Non spegnere lo Spirito
Perché, poi, l’apostolo ci invita a non spegnere lo Spirito? Perché la presenza di Dio in noi non è prepotente, ed è compito nostro conservarla con cura e non scacciarla via con atteggiamenti di superbia e protervia.
Se uno non ha più lo Spirito di Dio nel cuore, come può pretendere di avere in sé la gioia?
Non disprezzare i profeti
Anche l’invito a non disprezzare le profezie è importante: non pensiamo immediatamente ai moniti severi del Papa o di qualche altra figura spirituale di rilievo… le profezie sono le ispirazioni dei bambini, dei semplici, dei puri di cuore, che spesso noi denigriamo e scartiamo come piaggeria o credulità…
Gesù ci ha ricordato l’importanza di non disprezzare i piccoli, anzi, di assomigliare a loro nella semplicità di cuore (cfr Mc 10,13-16).
Tenere solo ciò che è buono
Lo Spirito da non spegnere è un dono di Dio, e ci aiuta nel necessario discernimento. In tal senso, Paolo continua dicendo:
Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Se siamo sinceri con noi stessi dobbiamo ammettere che tanta della tristezza, della rabbia, della noia, delle paure, dello scoraggiamento che abitano in noi e ci portano via la gioia dipendono dal fatto che facciamo esattamente il contrario: andiamo – sì – a “ficcare il naso” dappertutto, ma non siamo in grado di vagliare ciò che è bene e va conservato e ciò che, invece, ci fa male e va allontanato ed evitato nelle occasioni successive.
Seguiamo il consiglio dell’apostolo che si rivolge ai Galati dicendo: «camminate secondo lo Spirito», perché «il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, etc. …» (cfr Gal 5,16-23).
Il cristiano è l’uomo della gioia
Insomma, imparare a gioire non solo si può, ma si deve, perché il cristiano è l’uomo della gioia, delle buone notizie (il vangelo), e perché «questa è volontà di Dio in Cristo Gesù», dice Paolo, ricordando le parole del Maestro:
«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).