Imparare ad ascoltare il dolore degli altri
Non si nasce compassionevoli: è un’arte o, meglio, una virtù da imparare. La vogliamo imparare oggi dalla nostra Madre Celeste, a cura della nostra indifferenza.
Omelia per venerdì 15 settembre 2023
Letture: Eb 5,7-9; Sal 30 (31); Gv 19,25-27 (opp.: Lc 2,33-35)
Un’altra ricorrenza dedicata a Maria: un’altra occasione per capire come diventare discepoli e su quali orme camminare.
Quello che ci vuole insegnare oggi la nostra Madre Celeste è la compassione, intesa nel suo significato più profondo come la capacità rarissima di immedesimarsi totalmente nel cuore e nei sentimenti delle persone, in particolare di chi soffre.
Non si nasce compassionevoli: è un’arte o, meglio, una virtù da imparare.
Imparare ad obbedire
Come imparare la compassione?
Ce lo dice il testo della prima lettura, tratto dalla lettera agli Ebrei, con un’espressione paradossale:
[Cristo] Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
La compassione si impara dall’obbedienza. Sì, avete capito bene: dall’obbedienza.
Anche “obbedienza” è un termine da capire in profondità, perché il primo significato di “obbedire” è «prestare ascolto».
L’obbedienza di cui parla l’autore della Lettera agli Ebrei non è solo l’atto di fiducia totale del Figlio che prestò ascolto e quindi si sottomise docilmente al volere del Padre, ma anche la Sua immensa capacità di ascoltare la voce del dolore umano.
Ascoltare il dolore
Quello che ha fatto Gesù nella Sua vita terrena, rivestito della nostra carne mortale, è quello che ci è rivelato fin dalle prime pagine dell’Antico Testamento, quando Dio appare a Mosè nel roveto ardente:
«Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze» (Es 3,7).
La compassione nasce dall’ascolto.
Ascoltare non è semplice “sentire”, ma far scendere dalle orecchie al cuore il grido di dolore che ci raggiunge e farlo risalire dal cuore alle mani, attraverso la compassione, perché possiamo farci vicini a chi soffre.
Guarire dall’indifferenza
Papa Francesco ci ha ammonito diverse volte negli anni del suo pontificato che siamo tutti ammalati di indifferenza, perciò, abbiamo davvero bisogno di metterci alla scuola di Gesù e di Maria per imparare la compassione.
Dove si impara? In quale scuola?
La scuola della compassione
Non occorre andare lontano: il nostro mondo è pieno di sofferenza ingiusta e orribile. Basta non chiudere gli occhi e le orecchie, e non girarsi dall’altra parte: migliaia di profughi che approdano disperati a Lampedusa, migliaia di morti per il terremoto in Marocco, per le alluvioni in Libia… tutto questo in pochi giorni…
Eppure il nostro mondo va avanti indifferente e si preoccupa dell’economia, del calo nelle previsioni del PIL…
Lasciamo che si preoccupino di PIL i nostri poveri “politici”… noi, invece, impariamo a piangere con chi piange.
Sì, perché la compassione è anzitutto questo: piangere con chi piange, gioire con chi gioisce, preoccuparsi con chi è preoccupato…
Maria, maestra di compassione
Ovviamente, vi verrà da obiettare che è abbastanza semplice per una madre commuoversi per il figlio che soffre ingiustamente, e non ci sia un granché da imparare…
Ma non lasciatevi trarre in inganno dai brani di vangelo scelti per questa ricorrenza: Maria non ha sofferto solo per il dolore del figlio perseguitato e crocifisso.
Maria ha condiviso fin da subito, assieme a suo figlio, il dolore di tutta l’umanità, anzi: mi pare che umanamente, possiamo azzardare che abbia insegnato lei la compassione a suo figlio man mano che da bambino si faceva adulto.
Ne abbiamo prova concreta nella pagina delle Nozze di Cana, quando è proprio Maria ad avere lo sguardo e il cuore attento e preoccupato per i due sposini che rischiano di veder naufragare la loro festa nuziale a causa della mancanza di vino e lo fa notare a Gesù (cfr Gv 2,1-5).
Non solo per chi ci sta a cuore
La compassione autentica, perciò, non è quella che si prova per affinità parentale o elettiva, come insegnerà Gesù (cfr Mt 5,43-48), ma quella verso tutta l’umanità, a partire da quella più lontana e indifferente.
Il dolore di Maria che siamo invitati a contemplare e imparare in questa festa, perciò, è quello di condivisione e consonanza col cuore di Gesù: Maria non è addolorata solamente per le orrende sofferenze fisiche e morali inflitte al figlio sulla croce, ma vibra immensamente dello stesso dolore che Gesù sente per l’umanità ferita e sofferente a causa del peccato.
Le parole di compassione che scaturiscono dalle labbra di Gesù verso i suoi crocifissori, sono quelle che anche Maria dice dentro di sé:
«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
La sua compassione è condivisione del dolore di Dio per l’uomo che è indifferente all’Amore.
Il modo concreto e fattivo di rispondere a questo dolore, una volta condiviso nel profondo del cuore, è il suo accogliere con sé il discepolo amato, ovvero la Chiesa, l’umanità intera.
Prendiamo anche noi Maria nella nostra casa, per imparare da lei la compassione di Dio per il mondo.