In cerca di briciole. 20ª Domenica del Tempo Ordinario (A)

Ai cagnolini bastano le briciole

Chi è umile sa di non meritare ciò che ha e considera tutto una grazia; si accontenta di chiedere le “briciole” dell’Amore di Dio e viene esaudito oltre misura.

Omelia per domenica 20 agosto 2023

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Letture: Is 56,1.6-7; Sal 66 (67); Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

La pagina evangelica di questa domenica è una vera e propria scuola di fede e di preghiera.

Assieme all’immagine della vedova importuna col giudice iniquo (cfr Lc 18,2-8) credo che la protagonista di questo brano sia la rappresentazione più concreta di come mettere in pratica la raccomandazione di Gesù di pregare sempre, senza stancarsi mai (Lc 18,1).

Una preghiera tenace

Pare che anche sant’Agostino fosse affascinato dalla Cananèa: forse l’atteggiamento di preghiera resiliente di questa donna gli ricordava sua madre Monica, che aveva letteralmente “inseguito” il Signore per anni, piangendo e implorando Dio per la conversione del figlio.

Gesù ci educa a pregare

Non sto a spiegare l’atteggiamento controverso e sorprendente di Gesù nei confronti di questa straniera perché credo di aver fatto un “buon lavoro” nella riflessione di tre anni fa (alla quale vi rimando per evitare di ripetermi e dilungarmi inutilmente).

Ribadisco solamente un concetto: quando preghiamo dobbiamo imparare a lasciare che Dio sia Dio, che possa – come ogni buon genitore – avere la libertà di dirci anche di «no» qualche volta, o di non dirci subito di «sì», per il nostro bene.

Pietro e la straniera

Quest’anno, la prima cosa che mi è venuta in mente ascoltando e meditando il testo, è il confronto col vangelo che abbiamo ascoltato domenica scorsa.

Sostanzialmente ci troviamo di fronte a due persone che invocano e implorano aiuto da Gesù, ma – pur ottenendo entrambe soccorso – vengono giudicate diversamente riguardo alla loro fede.

Uomo di poca fede

Pietro, cominciando ad affondare tra le onde del lago di Tiberiade, gridò:

«Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»

Donna dalla grande fede

La Cananèa gridava

«Pietà di me, Signore, figlio di Davide!Signore, aiutami!».

Ma, alla fine, poiché non aveva mollato la presa nemmeno dopo essersi sentita chiamare “cagna”, Gesù le dice:

«Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri».

La pretesa e la resa

Cosa differenzia Pietro dalla Cananèa? L’atteggiamento nei confronti di Gesù:

  1. Pietro, in un certo senso, aveva “sfidato” Gesù, dicendogli: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Lui che credeva di conoscerlo così bene da fare professioni di fede solenni (come quella che ascolteremo domenica prossima) qui aveva dubitato e chiesto un segno miracoloso, una prova dell’affidabilità di Dio;
  2. la Cananèa, invece, pur non avendo alle spalle una tradizione religiosa e un rapporto di confidenza e amicizia con Gesù, si era rivolta a Lui con rispetto, deferenza e totale fiducia, fin da subito, credendo di poter osare fino all’infinito nei confronti della benevolenza divina.

Pietro pretende, la Cananèa si abbandona fiduciosa.

La fede non è baldanzosa e pretenziosa sicurezza di ottenere da Dio tutto quello che vogliamo, ma umile e tenace affidamento che non si stanca di implorare e “mendicare” anche le “briciole” della Sua benevolenza, ben sapendo che non ci meriteremmo nemmeno quelle.

Inversamente proporzionale

La grandezza della fede è inversamente proporzionale a quella del nostro io: tanto più è smisurato il nostro “ego”, tanto più piccola (o inesistente) è la nostra fede.

Abbiamo celebrato da poco la solennità dell’Assunzione, e abbiamo ascoltato per l’ennesima volta il sublime canto del Magnificat… in quell’inno Maria descrive perfettamente questo rapporto di proporzionalità inversa:

«Dio, mio salvatoreha guardato l’umiltà della sua serva.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome» (cfr Lc 1,47-49).

È perché si è fatta piccola che Dio ha potuto compiere in Maria le Sue grandi opere.

Quanto valgono le briciole?

Mi piace tantissimo l’immagine con cui la Cananèa tiene testa all’ennesimo insulto di Gesù (il più pesante): quella delle briciole mangiate dai cagnolini sotto la tavola dei loro padroni. È un’immagine tremendamente provocatoria:

  • per noi, che apparteniamo a una società grassa e opulenta, le briciole sono i rimasugli, ciò che avanza, che si raccoglie e si butta dopo che ci siamo rimpinzati oltre misura, fino all’indigestione…
  • per chi non ha nulla, dagli animali selvatici fino agli uomini che rendiamo veri e propri scarti della società, le briciole e i nostri avanzi sono l’unico modo per cercare di sopravvivere.

Superbia e umiltà

Così è per la grazia di Dio: se siam troppo pieni di noi stessi ci sentiamo autosufficienti, e le tante cose che Dio ci dona quotidianamente le diamo per scontate, o le giudichiamo addirittura “briciole”, insufficienti rispetto a quello che vorremmo ottenere da Lui quando avanziamo le nostre pretese di miracoli e grazie speciali.

Chi invece è umile e povero di cuore, sa di non meritare neppure ciò che ha, e lo considera già una grazia.

Chi ha vera fede si accontenta di chiedere le “briciole” dell’Amore di Dio, e per questo viene ricolmato in modo abbondante (come nella moltiplicazione dei pani e dei pesci, dove i discepoli non avrebbero voluto condividere nemmeno le briciole della loro merenda, e invece Gesù donò pane in abbondanza, tanto da far avanzare dodici ceste).

Dobbiamo riflettere

Questa pagina ci deve far riflettere seriamente, perché noi cristiani “DOC”, impegnati nelle nostre parrocchie, siamo nella stessa condizione degli ebrei del tempo di Gesù, che guardavano dall’alto verso il basso gli “stranieri” e li consideravano “cani”, indegni di chiedere e ricevere alcunché da Dio: proprio davanti ai nostri occhi Gesù innalza questa donna straniera a modello di fede splendida, autentica e sincera.

Possiamo avere tutte le “carte in regola”, i piani pastorali più mirabolanti, le celebrazioni più solenni, le attività parrocchiali più innovative… ma ci manca la fede!

Ci è rimasta solo la religiosità, gli atteggiamenti esteriori, i riti stanchi… e abbiamo perso la fede, perciò, dalla nostra tavola i poveri che si affacciano a cercare la misericordia e l’Amore di Dio non vedono cadere più nemmeno le briciole!

Piatti sontuosi ma vuoti

Io credo che noi cristiani, proprio per questa supponenza e mancanza di umiltà e fede, rischiamo di essere dei piatti di porcellana bordati d’oro ma miseramente vuoti, in cui non sono rimaste più nemmeno le briciole di quanto Dio ci ha donato e ci ha chiesto di condividere.

Siamo attenti all’esteriorità, pronti sempre a emettere e appiccicare “etichette” di vera appartenenza alla Chiesa, ma ormai vuoti di vera fede.

Pretendiamo di decidere chi sia degno o no di rivolgersi a Dio quando noi per primi non abbiamo più un vero e sincero rapporto con Lui.

Mangiare anche le briciole

Avete mai pensato quand’è che anche noi – così opulenti e pieni fino all’orlo di tutto – mangiamo famelicamente anche le briciole? Quando nel piatto c’era una torta buonissima o la nostra pietanza preferita: allora ci lecchiamo le dita e raccogliamo le briciole fino a non lasciare nemmeno il più minuscolo avanzo!

Ecco: finché non avremo recuperato questa dimensione di ricerca sincera di Dio e del Suo Amore come ciò che ci è più caro e necessario, tanto da saperne gustare e trangugiare avidamente fino all’ultima briciola, non potremo dire di avere nemmeno un granello di fede:

«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe (cfr Lc 17,5-6).