Perché è triste il tuo cuore?

Perché sei triste?

Dio che si è fatto uomo ci chiama farci vicini alla tristezza e alla sofferenza quotidiana dei nostri fratelli, prestandogli il nostro sguardo compassionevole.

Omelia per lunedì 8 gennaio 2024

Letture: 1Sam 1,1-8; Salmo 116 (117); Mc 1,14-20

Ricomincia il Tempo Ordinario: rientriamo nel quotidiano, e ritroviamo (se mai le avessimo dimenticate solo per un attimo) tutte le nostre piccole o grandi tristezze di tutti i giorni.

Si torna nella tristezza

E così, sembra quanto mai adatto il brano della prima lettura (è l’inizio del Primo Libro di Samuele), che ci presenta la situazione di grande e intima sofferenza di una donna che piange la sua sterilità: un’amarezza quotidiana, amplificata dalla mortificazione costante da parte di chi le sta accanto.1

Quante situazioni della nostra vita sono segnate da questo tipo di tristezza, che nasce non solo dal fare esperienza delle proprie povertà e debolezze, ma dalla cattiveria di chi ci circonda, di chi ci sta vicino e – invece di sostenerci e aiutarci a portarne il peso – «gira il coltello nella piaga»?

È colpa del Signore?

In queste situazioni, anche il credente vacilla, e la sua fede viene messa duramente alla prova, perché – se della cattiveria sono responsabili le persone – dell’infrangersi dei nostri sogni più belli non possiamo trovare altra causa del fatto che – forse – Dio ci ha dimenticato…

Il testo è molto provocatorio su questo fronte, perché – per ben due volte – afferma che è il Signore che ha reso sterile il grembo di Anna!

A certi misteri che rendono triste la nostra vita può rispondere solo il Signore, ed è a Lui che dobbiamo rivolgere la nostra preghiera, fatta di lacrime e di «perché?»

Lo sguardo di Gesù

A queste suppliche e domande Dio non resta indifferente e non manca di rispondere (lo ascolteremo nei prossimi giorni, continuando la lettura di questo libro).

Ma – anche nel momento della tristezza più profonda – non dobbiamo mai dimenticare che il nostro rientrare nel quotidiano segue immediatamente le festività del Natale e del Battesimo del Signore, nelle quali abbiamo contemplato Dio che ci si è fatto vicino, prendendo su di sé la nostra carne mortale.

Dio ci è venuto incontro facendosi Emmanuele, «Dio con noi», e subito il Vangelo ci racconta di Gesù come una persona capace di sguardo e di relazione

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea…
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello… Subito li chiamò…

Uno sguardo speciale sui fratelli

Di questo sguardo (che scopriremo sempre più come attento, profondo e compassionevole) si rende protagonista già Elkanà, nella prima lettura:

Ad Anna [Elkanà] dava una parte speciale, poiché egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo...

Elkanà cerca di trovare un modo “speciale” per alleviare la sofferenza di Anna e così si fa per lei icona della bontà e della benevolenza di Dio stesso, che ha un occhio “speciale”, di privilegio, per i più fragili e umiliati.

Di fronte alla tristezza della moglie non rimane indifferente, ma si fa vicino e cerca di portarle consolazione:

Elkanà, suo marito, le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?».

Farsi prossimo

Così è per noi: se il primo impegno minimale è quello di non infierire sui fratelli che sono nella tristezza (come Peninnà che si faceva «rivale» di Anna), lo specifico del cristiano, che vive da figlio di Dio e cerca di dare “carne e ossa” al Verbo del Dio vivente con la propria vita e la propria persona, è avere lo sguardo di Cristo.

È di questo sguardo che siamo chiamati a renderci protagonisti verso i nostri fratelli che sono nella tristezza, per rendere vera ogni giorno l’Incarnazione di Dio, il Suo essersi fatto vicino ad ogni uomo, a partire dai piccoli e i sofferenti.

  1. La situazione richiama per analogia quella di Abramo con Sara e Agar (cfr Gen 16,1-5). ↩︎