Né argento né oro. Mercoledì fra l’Ottava di Pasqua

Né argento né oro

Argento e oro ai tempi di Pietro erano sinonimo di ricchezza e potere. Di cosa deve disfarsi la Chiesa di oggi (oltre al denaro) per essere credibile?

Omelia per mercoledì 3 aprile 2024

Letture: At 3,1-10; Sal 104 (105); Lc 24,13-35

Anche oggi non mi soffermo sul vangelo dei due discepoli di Emmaus (che ho già commentato diverse volte)1 e torno a farmi “scavare” da uno dei testi che mi provoca di più da sempre, e che reputo una delle pagine più “scottanti” per la Chiesa odierna.

Né argento né oro

Mi riferisco alle parole rivolte da Pietro e Giovanni allo storpio fuori dalla porta “Bella” del tempio:

«Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!»

È una frase che ho citato più volte2 per denunciare schiettamente come la Chiesa odierna sia lontana anni luce da quella Chiesa povera per i poveri sognata da Papa Francesco.

Più volte ho detto che la Chiesa di oggi non è più credibile e profetica, perché – non sapendo rinunciare a privilegi, sconti e favori – è ricattabile, e non può più essere «sale della terra e luce del mondo» (cfr Mt 5,13-16).

Termini ricorrenti

Oggi ci sono tanti altri materiali preziosi e “beni rifugio” (e pure le criptovalute), ma all’epoca apostolica argento e oro erano il sinonimo di ricchezza.

Sono termini che ricorrono anche nel vangelo, a partire dalla raccomandazione di Gesù ai Dodici prima di inviarli in missione:

«Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture» (cfr Mt 10,1-15).

A Pietro, cresciuto come pescatore e commerciante, tali materiali erano piuttosto familiari, e le due cose (pesce e denaro) erano probabilmente rimaste unite in modo indissolubile nella memoria la volta in cui Gesù lo mandò a pescare un pesce col solo scopo di recuperare una moneta d’argento per pagare la tassa del tempio (cfr Mt 17,24-27).

La vera ricchezza

Dico che Pietro doveva avere una certa familiarità con questi metalli preziosi, perché anche all’inizio della sua prima lettera li cita per descrivere il prezzo inestimabile al quale siamo stati “comprati” da Cristo:

Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia (1Pt 1,18-19).

È proprio di questa ricchezza incomparabile del sacrificio di Cristo che Pietro e Giovanni si fanno portatori, come spiegherà più avanti ai capi, agli anziani, agli scribi e ai sommi sacerdoti riuniti nel sinedrio:

«visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato… In nessun altro c’è salvezza…» (cfr At 4,5-12)

Cosa deve dare la Chiesa?

Ripeto, come ho detto più volte, che la Chiesa di oggi, pur facendo ancora tantissime opere di elemosina e carità, ha perso quasi tutta la sua spinta profetica, perché si porta dietro strutture, organismi, diplomazie e pre-occupazioni il cui peso è un ostacolo immenso a far emergere il volto di Cristo.

A tal proposito, oltre a rimarcare che la Chiesa apostolica non possedeva né argento né oro, mi pare importante sottolineare l’umanità del gesto di Pietro e Giovanni che, anzitutto, stabiliscono un rapporto diretto e umano con il povero storpio, prima ancora di donargli la guarigione:

fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi»… Lo prese per la mano destra e lo sollevò.

Lo sguardo, il prendere per mano: sono tutti gesti che a molti cristiani di oggi mancano, perché è più facile mandare un vaglia postale a qualsiasi associazione benefica che fermarsi a parlare con un mendicante che tende la mano sulle strade delle nostre città.

Di questo sguardo e di questo “tatto” ha bisogno la Chiesa di oggi (oltre, ovviamente, a sgravarsi di tutto l’argento e le “chincaglierie” che si struscia dietro).

  1. Cfr l’omelia per la 3ª Domenica di Pasqua (A) del 2020 e quella del 2023. ↩︎
  2. Cfr Omelia per il Venerdì della 24ª settimana del Tempo Ordinario (I), Omelia per la festa del Martirio di S.Giovanni Battista, Omelia per la vigilia della solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo. ↩︎