Superpoteri. 11ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
Pare che per essere missionari servano dei superpoteri, ma l’unico vero potere da acquisire è sentire nell’intimo la stessa compassione di Cristo per l’umanità.
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Pare che per essere missionari servano dei superpoteri, ma l’unico vero potere da acquisire è sentire nell’intimo la stessa compassione di Cristo per l’umanità.
Perché «ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani»? Oggi meritiamo ancora quel nome? Ce ne sono ancora le condizioni necessarie?
Con la Chiesa di oggi Gesù deve proprio cacciare fuori le Sue pecore (e anche i Suoi pastori), perché non hanno un granché voglia di uscire in missione.
A san Marco evangelista era molto affezionato anche Papa Giovanni XXIII che – da poco patriarca di Venezia – avrebbe voluto riposare accanto alla sua tomba.
L’unico che può spiegare le Scritture è Cristo, perché tutte le Sacre Scritture parlano di Lui; anzi: è Lui la Parola di Dio incarnata e viva che parla all’uomo
La Parola di Gesù ci scuota non solo per quando siamo insipidi e inutili, ma anche per quando di “sale” ne mettiamo troppo e rendiamo invivibile la fede.
Non basta sapere che Gesù è l’agnello di Dio, ma occorre farci “agnelli”, discepoli e seguaci di questo agnello, dicendo anche noi al Signore: «Ecco, io vengo».
L’atteggiamento dei pastori dopo l’annuncio dell’angelo è l’invito che la Liturgia fa a ciascuno di noi: occorre «andare senza indugio» a incontrare il Signore.
Come possiamo aspettarci che la gioia del Vangelo si diffonda se la teniamo nascosta? La Chiesa deve uscire subito ad annunciare «Abbiamo trovato il Messia!»
«Abbiamo trovato il Messia». Dalle Omelie sul vangelo di Giovanni di san Giovanni Crisostomo (in occasione della festa di sant’Andrea apostolo)