Portare i pesi gli uni degli altri
La preghiera più vera è quella che ci fa portare il peso dei peccati dei nostri fratelli come fossero nostri, in uno spirito di pura solidarietà e compassione.
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La preghiera più vera è quella che ci fa portare il peso dei peccati dei nostri fratelli come fossero nostri, in uno spirito di pura solidarietà e compassione.
Non si nasce compassionevoli: è un’arte o, meglio, una virtù da imparare. La vogliamo imparare oggi dalla nostra Madre Celeste, a cura della nostra indifferenza.
Grazie al cielo – a differenza di quanto avviene in natura – la sproporzione tra l’Amore di Dio e il nostro cercare di corrispondervi è, e rimarrà, incolmabile.
Ai patimenti di Cristo non manca nulla: semmai è alla nostro cammino di fede che manca ancora tanto per portare a compimento la nostra configurazione a Cristo.
Mosè si chiede «chi sono io?». Scoprirà la propria identità solo entrando in relazione con Dio e conoscendolo come il Dio dei suoi padri, che sarà con lui.
Sono le donne in questa pagina della Scrittura (come in tante altre) a farsi strumento docile nelle mani di Dio. Noi maschi abbiamo molto da imparare da loro.
La non conoscenza genera paura. La paura genera orrore. Perciò l’unico sentimento da lasciare “a briglie sciolte” quando si ignora qualcosa è la compassione.
Le avversità della vita sono un’occasione per riconoscere sinceramente le nostre colpe, anche se non sono direttamente legate ad esse. Non perdiamo l’occasione.
Pare che per essere missionari servano dei superpoteri, ma l’unico vero potere da acquisire è sentire nell’intimo la stessa compassione di Cristo per l’umanità.
L’indifferenza (che è l’opposto della compassione) è il vero male del mondo: scava un abisso tra le persone e le condanna all’Inferno già su questa terra.