«Addio» è il saluto più bello. 29ª Domenica del Tempo Ordinario (A)
Dire “addio” non è abbandonare una persona a se stessa, ma riconsegnarla, restituirla a Dio, aiutandolo così a ricomporre il Suo “tesoro”.
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Dire “addio” non è abbandonare una persona a se stessa, ma riconsegnarla, restituirla a Dio, aiutandolo così a ricomporre il Suo “tesoro”.
Dio ci invita a non avere paura, a passare dalla paura degli uomini e della morte alla paura di perdere Lui. Ci insegna – cioè – il santo Timor di Dio.
Basta l’assenza e la mancanza dell’Eucaristia per capirne veramente l’essenza? No: per capirla bisogna prima spezzarsi come il pane e donarsi nella carità.
L’Ignoranza che ci salverà è il rimanere umili, evitando l’arroganza di chi crede di saper tutto e la viltà di chi non si espone mai per non compromettersi.
Gesù è la porta: colui che ci introduce nella casa del Padre. Se accogliamo il Suo invito a passare attraverso di Lui, diventiamo “di casa” anche noi.
I nostri discorsi si intreccino con Gesù (Parola fatta carne) e la nostra casa sia luogo di una “Eucaristia domestica” dove ci si spezza e ci si fa Dono.
Il cristiano non può dire «non ce la faccio, sono fatto così»: renderebbe vana la Croce di Cristo e la Sua Grazia!
Non si può essere cristiani da soli. Non si può dire «Io credo» se non assieme ai nostri fratelli radunati nel Cenacolo per celebrare l’Eucaristia.
Parole parole… quelle vuote e false degli uomini passeranno, ma «le Sue parole non passeranno». La Verità renderà ragione a se stessa, senza usare violenza.
In questo lungo “sabato santo” impostoci dall’isolamento per la pandemia abbiamo l’occasione di digiunare da ciò che non è essenziale, anzi, ci è dannoso.